VIVERE LA PROSPERITÀ IN UN PERIODO DI CRISI

Il possesso nel rapporto di coppia

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Nel rapporto di coppia il possesso è direttamente
proporzionale alla distanza fra i due individui. In quanto macchine biologiche
che provano paura di morire, vogliamo possedere ciò che percepiamo come esterno
alla nostra coscienza e che ci attira. Unicamente ciò che sentiamo esterno a noi
– e che temiamo si possa allontanare sempre di più – scatena il nostro atavico
senso del possesso. Il possesso è un tentativo – disperato, ossia letteralmente
“privo di speranza” – di controllare qualcosa o qualcuno che percepiamo come
sfuggente.



Il possesso è dunque intimamente connesso con la paura. Possediamo
la nostra automobile perché abbiamo paura che venga danneggiata o rubata. Possediamo
il nostro partner perché abbiamo paura che si allontani. Più lui cerca di avere
una vita sua e più noi proviamo una sofferenza dovuta al tentativo di possedere
qualcuno che non può essere posseduto. Un essere illuminato utilizza l’automobile
– a meno che non siate Ramana Maharshi, che ha trascorso la vita in eremitaggio!
– e si innamora di un’altra persona fino a voler costruire un rapporto di
coppia, esattamente come chiunque altro, ma con un’unica sottile/enorme
differenza: sente con chiarezza che non può possedere niente e nessuno. Questo “particolare”
gli evita la sofferenza sia durante il rapporto che dopo. Un essere illuminato
percepisce le cose e le persone all’interno della sua coscienza, per cui sente
con indubitabile certezza che sia l’automobile che il partner in realtà non
possono andare da nessuna parte.



L’uomo comune crede che le persone e le cose diventino sue
nel momento in cui stabilisce un accordo (“Adesso siamo fidanzati”) o firma un
contratto di matrimonio o di acquisto di un bene. Il punto è che nessun accordo
e nessun contratto possono darci la garanzia che partner e automobile non
verranno mai rubati (e talvolta vengono pure rubati insieme!). Gli esseri
illuminati sanno che le automobili e i fidanzati ci vengono dati in prestito dalla
vita. Per esempio, il denaro non possiede alcun valore di per sé, ma solo in
quanto lo riceviamo in prestito per realizzare degli obiettivi. In prestito…
perché niente di ciò che può essere rubato può dirsi veramente nostro. Solo il
Sé è nostro, perché lo siamo.



L’evidenza ci dice che niente dura per sempre e un giorno –
che sia fra una settimana o al termine della nostra vita – dovremo restituire
tutto, perché dall’altra parte non si porta via niente, non esistono né
bagaglio a mano né bagaglio da stivare. Non solo gli oggetti e le persone che
sembrano esterni a noi, ma persino la macchina biologica stessa andrà
restituita e anche quell’ultimo possesso verrà inesorabilmente frustrato.



Come dicevo all’inizio, la forza del possesso è direttamente
proporzionale alla distanza percepita rispetto all’oggetto. Se, a causa dell’illuminazione,
questa distanza si riduce a zero, perché percepiamo che tutto è dentro di noi,
allora anche la sofferenza dovuta al possesso si annulla. A questo punto
possiamo fare un ulteriore passo avanti: il dolore della perdita – che viene
preceduto da anni di sofferenza dovuti alla paura della perdita – è
direttamente proporzionale alla mancanza d’amore. In altre parole, tento di possedere
il mio partner nella misura in cui non lo amo. Un amore sublime, dove le due
anime si fondono, mi permette di unirmi totalmente all’altro e sentire che non
è mai separato da me. Divenire “sposi in Cristo” significa proprio questo. Ma quando
entro in questo stato di coscienza, guarda caso… l’altro non ci pensa nemmeno
ad allontanarsi da me, perché è raro trovare qualcuno che non vuole possederti.



Se la sua coscienza entra a far parte della mia coscienza
non ci sono più né distanza né possesso. L’amore diventa vero amore e la paura cessa
di manifestarsi e interferire. Allora ci si gode il “senso di appartenenza”: io
mi sento tuo e tu ti senti mia, purtuttavia non ci possediamo. È magnifico. Una
coppia dove uno è pronto a perdere l’altro in qualunque momento è in verità una
coppia solidissima.



Se invece, come accade nella quasi totalità dei casi, l’amore
è in realtà fondato su desiderio sessuale e legami passionali astrali, il
possesso si stabilisce in maniera energica. Dopo il primo bacio vivo già nella
paura che possa non chiamarmi più e nel desiderio astrale che mi richiami al
più presto. Divento irrequieto nell’attesa dei suoi messaggi. Lo voglio sempre
vicino a me perché lo sento esterno e fuggevole, quindi, inconsciamente, lo
voglio controllare; esattamente come parcheggiare la macchina sotto la finestra
di casa per poterla vigilare meglio. Quando mi lascia è un disastro: vado in
depressione, soffro e lotto con tutte le mie forze affinché lui cambi idea; perché
è come se improvvisamente mi mancasse un pezzo. Nei casi più estremi sono
disposto a umiliarmi o a scadere nella violenza. Questi, che di norma vengono
interpretati come segnali d’un grande amore, sono in realtà i segni evidenti
che nel rapporto si erano stabiliti morbosi legami astrali dovuti a ferite
emotive.



L’amore – se c’è stato – si è manifestato nei momenti in cui
lo sguardo di uno si è perso in quello dell’altro fino ad accendere la fiamma
dell’anima. La fiamma dell’anima, da non confondere con quella della passione.
Sono momenti rari. Si naviga per vite e vite alla ricerca di momenti d’amore
autentico. Sudare freddo mentre si scrive un messaggio disperato sul cellulare…
non fa più parte dell’amore.



Consiglio del giorno: illuminatevi.



Salvatore Brizzi


(occupazione: domatore di fiumi)

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