«Mi è difficile pensare di affrontare un’esperienza
importante senza un bar nelle vicinanze!»
Veronica
Raimo, scrittrice
La
scena si svolge al Bar Centrale della stazione Centrale di Milano. Quello storico,
di fronte ai binari. Ci vado ogni volta che sono in viaggio e devo cambiare a
Milano. Trattasi di un luogo al cui confronto il bar di Guerre Stellari sembra
una bocciofila di paese. Alieni di ogni razza si aggirano per la stazione di
Milano Centrale, e quelli tra di loro che riescono a racimolare qualche euro si
addentrano in quello specifico bar per bere qualcosa, ma mai per mangiare, in
quanto stiamo parlando di creature che non assumono cibo solido!
In
un momento di relativa tranquillità, stavo amichevolmente discorrendo col
barista sul tema del giorno, poiché a me piace sapere cosa la gente “della
strada”, e non gli intellettuali e i giornalisti-zerbino, pensa di quanto
accade nella nostra società. Erano passati pochi giorni dalla violenta manifestazione
di Roma contro la violenza sulle donne, quindi l’argomento era il “femminicidio”.
[Detto
per inciso, il termine in italiano non esiste, in quanto si dice omicidio,
indipendentemente dal fatto che la vittima sia maschio o femmina, in caso
contrario dovremmo cominciare a usare anche il corrispondente “maschicidio”
tutte le volte che viene ucciso un uomo oppure "frocicidio" quando viene ucciso chi è omosessuale. Vale lo stesso per i plurali generici:
“bambini” e “ragazzi” sono temini che indicano sia i maschi che le femmine, e non
unicamente i maschi, mentre al singolare esiste la distinzione “bambino” e “bambina”,
oppure “ragazzo” e “ragazza”. Così funziona la lingua italiana. Chi scrive
diversamente è solo un ignorante, anche se ha trovato un posto da giornalista
in qualche importante testata, ma è così sottopagato che vive ancora a casa della
mamma.]
«Stiamo
dimenticando, anzi, stiamo RIMUOVENDO, la responsabilità della donna –
argomentavo io – e in questo modo non le stiamo facendo un favore, anzi, la
situazione in futuro non potrà che peggiorare, perché stiamo creando una forma-pensiero
di vittimismo femminile sempre più radicata. Gli omicidi aumenteranno... e
continueranno a dare la colpa al patriarcato, innescando un circolo vizioso
(cosa che si è poi regolarmente verificata!)»
Il
barista era abbastanza d’accordo con me. Era giunto a dire (riporto a memoria
perché ovviamente non ricordo le parole esatte): «A me non lo creano di certo un
senso di colpa perché un caxxone ha ammazzato la sua donna! A volte qui al bar
vedo gruppi di ragazzi che arrivano... ieri c’erano due ragazze, avranno avuto
15-16 anni, in mezzo a quattro o cinque marocchini. Ridevano e scherzavano. Questi
io lo so che sono spacciatori qui della stazione. Ma che caxxo c’hanno nella
testa ‘ste ragazze?»
«È
proprio questo che sto dicendo – aggiungo io – perché quelle ragazze non
stavano girando, per esempio, con un gruppo di ragazzi del liceo classico? In questo
caso erano marocchini, ma potevano anche essere italiani, il punto è: perché
vanno a cercarsi quell’energia e non un’altra? Capisci dov’è il punto? La vittima
va a cercarsi il carnefice».
Ed
eccola che interviene. Aveva ascoltato tutto... e a un certo punto non ha più
resistito. Donna – almeno come genere di nascita – capelli corti, fisico
asciutto. Ascolto la sua energia mentre parla: si tratta di una rabbia profonda
verso il maschio, perché non ha avuto le attenzioni del padre oppure perché è
stata molestata da piccola, non riesco a capirlo bene, ma so per esperienza –
io sono diciannove anni che ascolto più testimonianze “intime” di qualunque
psicologo – che si tratta di una delle due alternative. Ma lei ovviamente non
se ne rende conto, negli anni ha spinto tutto nell’inconscio, e adesso crede di
stare lottando in maniera obiettiva per un ideale elevato. Ma FINCHÉ STAZIONI NELLA
MECCANICITÀ NON PUOI LOTTARE PER UN IDEALE, DEVI PRIMA SVEGLIARTI E RISOLVERE I
TUOI PROBLEMI PERSONALI, ALTRIMENTI QUESTI PROBLEMI SI INFILTRERANNO NELLE TUE IDEE
E LE COLORERANNO DI RABBIA O DI PAURA.
«Ma
che caxxo state dicendo? – esordisce, quasi gridando – chiamiamo le cose con il
loro nome, non facciamo psicologia spicciola del caxxo: queste sono donne vittime
di violenza. Punto. Non sono rapporti disfunzionali, non sono “energie negative”,
sono maschi stronzi del caxxo!»
Da
saggio patriarca, ho subito capito che non c’era dialogo e me ne sono andato, prima
di subire violenza, e lasciando il barista al suo destino.
Conoscete
il “il triangolo drammatico di Karpman”? Chi ha studiato psicologia solitamente
lo conosce. In molte
interazioni le persone seguono una sorta di schema, in cui recitano la
propria parte in maniera meccanica, come se seguissero un copione. Questo schema
può essere rappresentato con un triangolo i cui vertici sono: PERSECUTORE, VITTIMA,
SALVATORE. La caratteristica che accomuna questi tre ruoli è che nessuno prende
su di sé la responsabilità per quanto sta accadendo, ma tutti proiettano all’esterno
le cause della propria condizione. Tutti stanno recitando un ruolo che a ben
guardare è estremamente egoista, ossia incentrato su di sé, sulla propria
importanza.
Il “salvatore”
è una figura centrale. Nel nostro caso, esso è rappresentato dalle associazioni
femministe, dallo Stato stesso, dagli artisti che prendono le parti della
vittima, dalle persone che partecipano alle manifestazioni. TUTTI CERCANO
EGOISTICAMENTE L’ATTENZIONE DELLA VITTIMA E IL PLAUSO DELLA SOCIETÀ. Tutti si
guardano bene dallo spiegare alla vittima che è lei stessa la causa della
situazione che sta vivendo, perché se lo facessero perderebbero il loro
privilegiato status di “salvatore”, uno status che li rende moralmente
superiori. MA COSÌ FACENDO DANNEGGIANO LA VITTIMA, PERCHÉ QUESTA NON PRENDE IN
MANO LA PROPRIA VITA E RESTA DIPENDENTE SIA DAL PERSECUTORE CHE DAL SALVATORE. Un
circolo vizioso dove ognuno tiene legati a sé gli altri due... e che potrebbe peggiorare
ulteriormente la situazione sociale.
Riflettete...
e lavorate su voi stessi, se non volete ritrovarvi a recitare MECCANICAMENTE il
vostro ruolo all’interno di queste scomode situazioni.
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