L’interpretazione dell’uomo moderno di concetti come “avere fede” e “perdere la fede” è ancora piuttosto infantile. E questo non sarebbe così grave, il punto è che nemmeno i sacerdoti hanno le idee chiare in merito alla fede.
La scena si svolge davanti alle Poste. La coda è fuori dall’ufficio nonostante non ci siano più restrizioni sociali, perché il paese è piccolo e l’ufficio è così angusto che una mescolanza di fluidi corporei diventerebbe inevitabile – e poco piacevole – anche in periodi di cosiddetta “vecchia normalità”.
Accanto a me c’è una signora con allegato un bambino grassottello, che mangia una ciambella. È il tipico bambino che ricorda Aristide, il figlio di Lino Banfi in Cornetti alla crema (1981).
Aristide, Cornetti alla crema con Lino Banfi
La conversazione ha inizio quando sull’altro lato della strada passa il sacerdote d’un paese vicino al nostro. La signora lo saluta a distanza e poi si rivolge a me: «Quello sì che è un prete onesto. Una volta mi ha confessato di aver perso la fede. Mi ha detto che lui prima non aveva dubbi su Dio e sull’anima, ma con il tempo ha visto cose troppo brutte e adesso ha gli stessi dubbi di chiunque altro, ma cerca comunque di andare avanti perché vuole aiutare le persone. Io la trovo una cosa bella. Lei non trova?»
Io un prete che confessa a una persona qualunque la sua perdita di fede non la trovo una cosa così bella. Non parliamo poi del fatto che la sfornatrice di bambini sovrappeso lo vada a sbandierare davanti all’ufficio delle Poste!
«Ma signora – dico io – il prete non si deve confessare con le persone, deve raccogliere le confessioni degli altri. E, semmai, confessarsi al cospetto d’un altro sacerdote. Che ne sia degno o meno, lui è un punto di riferimento, dovrebbe essere il collegamento fra noi e Dio. Non crede? Nemmeno lo psicanalista racconta le sue cose ai pazienti, perché dovrebbe farlo un prete?»
«Sì, ma anche loro sono uomini. Non sia così severo!» risponde lei.
«Il prete è simpatico. Mi ha aiutato a fare i compiti di matematica. Tu invece non capisci niente di preti!» interviene il bambino, con la bocca piena di ciambella e le labbra sporche di zucchero. È un raro esempio di bambino di cui gli insegnanti, durante i colloqui con i genitori, hanno il coraggio di dire: “Si applica davvero tanto, ma non è intelligente!”
Intendiamoci, i bambini grassottelli solitamente mi stanno simpatici e, inoltre, credo che nella vita, se se la sanno giocare bene, abbiano più possibilità di realizzarsi rispetto ad altre categorie di bambini medi-ocri, come, per esempio, i figli di genitori entrambi tifosi della Juventus! Essere più grassi dei propri coetanei non è uno svantaggio, a meno che loro non imparino a viverlo come tale, ma questo dipende dall’apertura del Cuore dei genitori. Il discorso sarebbe più lungo. In ogni caso, questo bambino aveva proprio la mamma che si meritava.
«Non sono severo, signora – rispondo io – ma se il falegname non sa più lavorare il legno deve smettere di far entrare clienti nella sua bottega».
«Ma non ha capito quello che ho detto – ribadisce lei, alzando anche un po’ la voce – lui sta continuando a fare il suo dovere di prete. Aiuta le persone. Perché dovrebbe andare via?»
Interviene di nuovo il pargolo: «Mamma, lascia perdere. Questo non capisce niente di preti».
Mentre fantastico su quanto potrebbe valere un rene di quel ragazzino al mercato nero, il mio flusso di pensieri viene interrotto dalla voce della madre: «Adesso lo sento più come uno di noi. L’ammissione della sua fragilità l’ha fatto scendere dal piedistallo dove stava prima».
«Il prete non deve stare sul piedistallo, signora, ha ragione, però non può essere paragonato a un panettiere o a un meccanico», azzardo io, nella speranza di trovare uno spiraglio di luce in una genetica familiare evidentemente sfortunata.
Paragonare il mestiere del sacerdote a un qualsiasi altro mestiere, significa utilizzare una metodologia di valutazione che è orizzontale: tutti i mestieri si equivalgono e tutti i mestieri sono svolti da uomini comuni, con i loro dubbi e i loro problemi. Invece, il sacerdote dovrebbe muoversi verticalmente, cioè verso l’alto. Non può permettersi i dubbi esistenziali d’un pescivendolo o d’un filosofo (qualcuno mi spieghi qual è la differenza), altrimenti ha sbagliato mestiere. La differenza è verticale, non orizzontale.
Un prete deve stare in presenza di un altare per celebrare quello che è un rituale, anche se spesso viene considerato, oramai pure dagli stessi sacerdoti, solo una cerimonia religiosa. L’Eucaristia, per esempio, non è una “ripetizione” incruenta del sacrificio di Cristo, ma una “ripresentazione” dello stesso unico sacrificio. Il pane rappresenta - ed effettivamente è - l’ultima cena e il vino rappresenta - ed effettivamente è - il sangue presente nelle varie fasi della Passione (dall’arresto nell’oliveto del Getsemani, alla deposizione dalla croce).
Lo Spirito Santo scende veramente, non virtualmente... come accade nelle cerimonie della Massoneria e di organizzazioni simili.
Ma torniamo in coda davanti all'ufficio delle Poste.
«Signora, parliamoci chiaro – dico io, passando a un tono più assertivo – si può perdere solo una credenza mentale, appiccicata sulla fronte col nastro adesivo, non l’autentica fede! Sia lei che i preti non avete capito niente di cosa è la fede. Quel prete la fede non l’ha persa, in verità non l’ha mai avuta!»
«La fede è un SENTIRE DIO, non un PENSARE DIO!» aggiungo. E questo è il genere di sentire che annienta ogni dubbio o futuro ripensamento.
Lei assume la stessa espressione d’un contadino che all’alba scopre un cerchio nel grano nel suo campo. Il ragazzino, invece, emette un verso simile a quello che fa un gatto quando gli tieni la zampa ferma dentro il tritadocumenti... e poi inizia a piangere.
«Che discorsi sono questi? Lei è solo un fanatico retrogrado – squittisce lei – un prete deve occuparsi dei problemi della gente, non di questioni filosofiche su Dio? Prenda esempio da papa Francesco... che è uno pratico!»
A questo punto devo compiere uno sforzo sovraumano per non azzerare millenni di evoluzione e scagliarmi su di lei con l’intento di farla a brandelli usando solo le unghie e i denti.
Ma questa è la storia di tutti i terricoli, i quali credono che “avere fede” significhi possedere una certezza mentale nell’esistenza di Dio e della sua bontà, che nella loro immaginazione è sempre una bontà moralista, dove i buoni alla fine vincono sui cattivi. Quando poi vivono esperienze di vita molto dure, che non sanno più spiegarsi sul piano mentale... cominciano a parlare di ingiustizia e quindi perdono la "fede" in Dio, perché fino a quel momento lo avevano immaginato come un uomo anziano con la barba e di carattere molto buono!
Benvenuti sul pianeta Terra.
Salvatore Brizzi
[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]
Traduzione in spagnolo
Salvatore Brizzi
YO SOY EL DUENO DE MI ALMA
http://www.salvatorebrizzi.com/2023/02/yo-soy-el-dueno-de-mi-alma.html
Ultima uscita
Salvatore Brizzi
SENZA IO E SENZA DIO
http://www.salvatorebrizzi.com/2022/08/senza-io-e-senza-dio.html
COME LA PIOGGIA PRIMA DI CADERE
di Salvatore Brizzi
http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__come-pioggia-prima-cadere-salvatore-brizzi.php?pn=130
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__come-la-pioggia-prima-di-cadere-libro.php?pn=166
PRIMA LEZIONE DEL CORSO DI RISVEGLIO
È USCITO L’AUDIO-LIBRO
MANUALE DI INSURREZIONE
Letto da Salvatore Brizzi
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LIBRO TASCABILE
Salvatore Brizzi
L’ATTENZIONE
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È USCITO L’AUDIO-LIBRO
IO SONO IL PADRONE DELLA MIA ANIMA
Letto da Salvatore Brizzi
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Con la Prefazione di Salvatore Brizzi:
DIALOGHI CON GERTRUDE
di Federico Cimaroli
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L’ARTE DEL LAVORO
UN PERCORSO COLLAUDATO PER SCROPRIRE LA TUA MISSIONE
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