Di questo
argomento ho già parlato e ho già scritto in altre occasioni (anche nel mio
libro LaRinascita Italica), ma a quanto pare anche nell’ambiente della spiritualità
ci si fa prendere dalle forme pensiero comuni e si cade nell’inganno d’una
feroce contrapposizione, con tanto d’insulti da una parte e dall’altra.
Il primo punto riguarda la questione della
percentuale di immigrati che un popolo è in grado di assorbire: non possiamo chiudere
il nostro Cuore e “sigillarci” rispetto all’arrivo di immigrati (come già scrissi,
non è un fenomeno reversibile), ma non possiamo nemmeno accoglierli tutti come
si è fatto (nella pratica, se non in teoria) fino ad oggi. Si tratta di
stabilire quanti siamo in grado di assorbirne, considerando quanti già ne
abbiamo sul territorio dopo anni di ingressi mal gestiti. È possibile chiudere
parzialmente i porti? Oppure è possibile chiuderli totalmente e poi riaprirli
una volta che abbiamo dato il tempo alle nostre strutture di organizzarsi per gestire
la quantità di persone già presenti?
Ma è forse
questa una questione di razzismo?
Inoltre, è
possibile evitare l’afflusso continuo di immigrati tra le fila di mafia,
prostituzione e, soprattutto, lavori sottopagati che entrano in competizione
“al ribasso” con gli stipendi di una certa categoria di lavoratori italiani? Se
è possibile evitarlo, bene; se non è possibile... questo è un buon motivo per
essere più accorti nel far entrare migliaia di persone che poi non sappiamo che
fine fanno. Quest’ultimo è un punto essenziale, poiché i grandi poteri del
capitalismo “senza frontiere” non vogliono che gli immigrati acquisiscano più
diritti e stipendi migliori, bensì che noi perdiamo i nostri diritti e portiamo
i nostri stipendi a competere con i loro. Ciò che viene sbandierato come “più
ricchezza per tutti” diventa poi nella realtà “più povertà per tutti”.
Ma è forse
anche questa una questione di razzismo?
Il secondo punto concerne invece un aspetto più
psicologico. Se io ho avuto un’apertura del Cuore e ho deciso di essere
accogliente verso gli immigrati, non ho automaticamente acquisito il diritto di
costringere gli altri a fare altrettanto!
L’accoglienza,
come la compassione, è qualcosa di intimo, che non può essere imposto
dall’esterno. Non puoi andare da qualcuno e dirgli: «Io ho un Cuore pieno di
compassione, adesso però devi averlo anche tu, sennò sei un egoista, razzista,
xenofobo!»
Se ho un
Cuore pieno di accoglienza, non mi viene certo in mente di gridare razzista a
qualcuno. Sono due sentimenti che non si sposano, non si fidanzano... e non si
conosco nemmeno!
È forse un
ragionamento così complesso?
Una qualunque
persona di media intelligenza, se presa singolarmente, in tranquillità davanti
a un bicchiere di vino... è in grado di comprendere questo concetto; in ogni
caso ve lo voglio spiegare anche dal punto di vista del lavoro su di sé.
La vera
accoglienza – sto ovviamente parlando d’un desiderio sincero di aiutare
qualcuno NEI FATTI e non di qualche slogan gridato alle manifestazioni di
piazza o sui social – è frutto d’un cambiamento profondo che coinvolge la
fabbricazione di talune sostanze sottili di cui è composta la nostra anima. Per
accumulare tali sostanze occorrono centinaia d’incarnazioni. Non si diventa
accoglienti o compassionevoli da un momento all’altro, solo perché “lo
decidiamo” o perché qualcuno ci costringe con una legge sull’immigrazione!
La
presenza interiore di tali sostanze – e quindi dei relativi sentimenti di
accoglienza e compassione – IMPEDISCE a quella persona di provare un sentimento
di fastidio nei confronti di chi non è uguale a lei, ossia di chi non vuole
accogliere altri immigrati perché magari pensa che questo metterà in difficoltà
lei e la sua nazione.
Detto in
altre parole, se hai un Cuore accogliente e sensibile, vai a Lampedusa a dare
una mano a chi sbarca, fai volontariato nelle strutture di accoglienza in giro
per l’Italia, metti a disposizione degli spazi tuoi, apri le porte di casa tua,
doni dei soldi a quei volontari, al limite stai a casa e preghi per queste
persone... ma l’ultima cosa che ti viene in mente di fare quando sei in quello
stato di coscienza è gridare razzista a un politico o al tuo vicino di casa... perché
non è ancora in grado di fare quello che fai tu.
Finisco riportando
un brano con il quale terminavo un mio vecchio post:
Gli stessi che sbraitano in favore
dell’accoglienza e vedono razzisti, fascisti e xenofobi ovunque, non stanno
accogliendo proprio nessuno in casa loro. E questo è giusto, in quanto anche
loro, come tutti gli altri, non sono pronti per l’accoglienza, se non a parole.
Non sono però in grado di riconoscerlo e inconsciamente odiano questa loro
incapacità. Vorrebbero essere accoglienti, ma non ci riescono. Questo mancato
riconoscimento genera la rabbia con cui si scagliano verso Salvini o chiunque
sostenga il suo lavoro. Basterebbe facessero pace con se stessi, allora si
unirebbero all’altra metà della nazione e insieme si troverebbero presto delle
soluzioni pratiche, in quanto la contrapposizione fra le due fazioni si
arresterebbe e la frequenza vibratoria della nazione muterebbe. Ma adesso sto
chiedendo troppo; i maestri stessi non pretendono che riusciamo a fare già così
tanto. D’altronde loro non hanno fretta.»
All’Italia non sta facendo male tanto il fenomeno dell’immigrazione,
quanto la contrapposizione che si è venuta a creare: a favore o contro. I giornalisti
hanno gran parte della responsabilità, a causa della facilità con cui si
servono di termini come razzista o xenofobo, utilizzati impropriamente per
etichettare padri e madri di famiglia che invece sono persone comuni con paure
e bisogni comuni. Io di razzisti, quelli veri, che provano “odio razziale”, in Italia
non ne ho mai conosciuto uno! So che qualche estremista con quelle idee c’è, ma
viene trattato con sospetto persino all’interno dei gruppi di destra, i quali si
tengono ben lontano dal razzismo. Ho frequentato ambienti di ogni genere, ma ho
solo incontrato persone arrabbiate con gli immigrati e con i politici perché
costrette a vivere in situazioni di convivenza davvero difficili. Dai media emerge
invece una nazione di razzisti contrapposta a una nazione di persone accoglienti.
Coltivare tutti i giorni, su ogni quotidiano, tg e social questa contrapposizione,
sta gettando le basi d’una guerra civile.
Bisognerebbe auto-osservarsi e iniziare a fare pace
innanzitutto con se stessi, con la propria rabbia interiore, e poi riconoscere con
umiltà che in Italia ci sono pochissime persone davvero accoglienti e pochissime
persone davvero razziste. Tutto il resto è frutto d’una montatura mediatica,
che nulla ha da spartire con ciò di cui le persone hanno davvero paura e con
ciò che davvero vogliono.
Salvatore
Brizzi
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