Confessione con imposizione delle mani |
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continua dal post precedente.
Quando
accettiamo un cibo dalla mano di un’altra persona, parte del magnetismo di
quella persona si mescola al nostro. Lo stesso accade se beviamo dallo stesso
bicchiere o se usiamo lo stesso pettine per pettinarci. Questo è massimamente
vero se il cibo è stato impregnato di vibrazioni elevate attraverso gesti e
parole di potere e ci è stato offerto da un sacerdote nel corso d’una
cerimonia.
L’oggetto o
la sostanza rimangono come erano prima per quanto concerne i loro materiali
fisici, ma la materia più sottile di cui sono composti viene profondamente
cambiata durante lo sviluppo della cerimonia. Queste nuove qualità andranno ad
influenzare i corpi sottili dei fedeli che stanno ricevendo il sacramento,
armonizzandoli con la natura del Cristo. Tale armonizzazione sarà più o meno
efficace a seconda che il partecipante sia già, nella sua condotta di vita, in
armonia con tali vibrazioni sottili. In ogni caso, su tutti avrà un effetto
benefico.
PENITENZA E RICONCILIAZIONE
Il
sacramento della Penitenza (o Riconciliazione o Confessione) fa parte dei
cosiddetti “sacramenti della guarigione”. I 7 sacramenti si distinguono infatti
in: Sacramenti dell'iniziazione cristiana (Battesimo, Confermazione ed
Eucaristia); Sacramenti della guarigione (Penitenza e Unzione degli infermi);
Sacramenti al servizio della comunione e della missione (Ordine e Matrimonio).
Poiché l’ingresso
nella vita cristiana, avvenuta col Battesimo e riconfermata con gli altri due sacramenti
dell’iniziazione, non ha soppresso la debolezza della natura umana, né
l'inclinazione al peccato – quella che viene definita concupiscenza, ossia desiderio di appagamento delle passioni materiali
–, è stato istituito il sacramento della Penitenza per la conversione dei battezzati
che si sono allontanati dalla via cristiana.
Il
sacramento viene istituito quando Gesù dopo la resurrezione incontra gli
apostoli: «Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo
Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li
rimetterete, resteranno non rimessi». (Gv 20,22-23)
Il
sacramento si divide in quattro fasi: la contrizione
(o pentimento), che è perfetta quando è motivata dall'amore verso Dio,
imperfetta se fondata su altri motivi (la paura), e che include il proposito di
non peccare più; l’esame di coscienza,
dove il fedele pentito si interroga sulle motivazioni profonde che lo hanno
portato a compiere certi atti (questa fase può essere svolta anche
successivamente alla fase di confessione,
con l’aiuto del sacerdote, che deve qui mostrarsi un buon conoscitore
dell’animo umano); la confessione,
che consiste nell'accusa dei peccati fatta davanti al sacerdote; la soddisfazione (o penitenza), ossia il
compimento di certi atti di penitenza, che il confessore impone al fedele per
riparare il danno causato dal peccato.
Questo
sacramento molto si affida al livello di coscienza del sacerdote che lo
amministra e alle sue doti sia di psicologo che di insegnante spirituale. Dopo
la confessione il fedele prende l’impegno, dinanzi a Dio, di non ricadere nello
stesso errore, ma questo non è un impegno facile da mantenere. Se infatti la
misericordia divina permette l’assoluzione dal peccato commesso, nulla
garantisce che il fedele non ricada nello stesso errore, se in lui non è
avvenuta anche una reale trasformazione del carattere. Ecco allora che la
cosiddetta penitenza amministrata dal sacerdote non può limitarsi alla
recitazione di qualche Ave Maria, ma deve consistere in veri e propri atti psicomagici, ossia singole azioni
da compiere o nuovi comportamenti da adottare nella vita quotidiana, di non
facile esecuzione, che costringono il fedele a una trasmutazione interiore
profonda, anche se apparentemente, il peccato e la penitenza potrebbero non
apparire collegati. Per esempio, tu confessi di aver rubato del denaro sul
posto di lavoro e il sacerdote ti dice di abbracciare forte tuo papà ogni volta
che lo vai a trovare, in quanto ha intuitivamente compreso che il tuo
comportamento è collegato al rapporto con tuo padre.
Alla fine
dell’incontro il penitente recita l’Atto di Dolore.
Quindi il
sacerdote, tenendo le mani stese sulla testa del fedele recita la “formula di
potere”: «Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus
Sancti. Amen».
Il
penitente ripete: «Amen».
Diversi
sacerdoti non usano più imporre le mani (sarebbe sufficiente la destra) sulla
testa del fedele mentre recitano la formula di assoluzione, come si usava fare
in origine, ma si limitano a tracciare un segno della croce nell’aria. Questa
mancanza è frutto di ignoranza riguardo il funzionamento delle energie sottili,
in quanto nei palmi delle mani ci sono due chakra estremamente importanti per
la trasmissione delle energie. Proprio in quanto quella che avviene è una trasmissione
di energia (di Spirito), l’imposizione può essere fatta anche senza contatto
fisico, attraverso la grata del confessionale.
Una delle
conseguenze più importanti di questo sacramento è l’acquisizione della fiducia
nella misericordia divina da parte del fedele. Egli sperimenta sulla sua pelle
il valore della confessione e dell’assoluzione dei propri peccati. Questo suo
affidarsi alla volontà divina per ricevere il perdono, farà sì che egli stesso
divenga automaticamente più predisposto ad ascoltare e a perdonare chi gli sta
intorno. Chi non chiede mai il perdono a nessuno, difficilmente riesce a
perdonare il suo prossimo.
UNZIONE DEGLI INFERMI
Tale
sacramento è volgarmente conosciuto come “estrema unzione”, in quanto
amministrato per consuetudine a chi si trova in fin di vita. Tuttavia San
Giacomo, il primo a farne menzione, nella sua epistola parla chiaro: «Chi è
malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di
lui dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con
fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli
saranno perdonati». (Gc. 5,14-15)
Il
sacramento riveste lo specifico compito di “dare sollievo agli infermi” e non
unicamente di accompagnare chi sta per andarsene. Esso trova infatti la sua origine
nelle parole di Gesù: «E partiti, predicavano che la gente si convertisse,
scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano». (Marco 6,12-13)
Il
Catechismo elenca tra i possibili effetti del sacramento «il recupero della
salute, se ciò giova alla salvezza spirituale». Si tratta quindi di un
sacramento di guarigione e non di morte.
Per mezzo
dell’unzione il sacerdote “apre un canale” alla grazia divina, la quale agisce
poi secondo la Sua volontà e in base alle reali necessità dell’anima del malato
– e non solo in base al suo desiderio di guarigione. Sarà quindi, in ultima
analisi, l’anima dell’infermo a decidere in quali termini si esprimeranno gli
effetti del sacramento.
Il
sacerdote entrando nella casa rivolge un saluto che è anche una benedizione:
«Pace a
questa casa e a quanti vi abitano».
Quindi
asperge con l’acqua benedetta sia l’infermo che la stanza, recitando la formula
appropriata.
Il Rito
dell’Unzione inizia con la recitazione di una litania da parte del sacerdote.
Al termine di questa egli impone le mani sul capo dell’infermo per qualche
secondo, senza dire nulla. Questo atto serve ad armonizzare vibratoriamente i
corpi sottili e li prepara a ricevere l’olio benedetto.
Dopo aver
reso grazie all’olio benedetto, unge l’infermo sulla fronte e sulle mani, tracciando
due segni della croce e recitando una sola volta:
«Per
questa santa Unzione
e la sua piissima misericordia
ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo».
«Amen».
«E, liberandoti dai peccati, ti salvi
e nella sua bontà ti sollevi».
e la sua piissima misericordia
ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo».
«Amen».
«E, liberandoti dai peccati, ti salvi
e nella sua bontà ti sollevi».
«Amen».
A questo
punto il malato ha ricevuto in lui la grazia dello Spirito Santo ed è liberato
dai peccati. È quindi pronto per morire... o per guarire.
...continua nella quarta parte.
Salvatore
Brizzi
[Il mondo
è bello, siamo noi ad esser ciechi]
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