Ogni tanto parlo di politica perché... nonostante sia stato sottoposto anch’io per decenni al bombardamento mediatico/culturale che mira a creare servi, burocrati mediocri e nani psicologici... nonostante a scuola, fin da tenere età, sia stato condizionato a obbedire e a non prendere iniziative... nonostante la mia intelligenza sia stata valutata per decenni in base alla mia capacità di ripetere a memoria ciò che i professori della cultura dominante volevano sentirsi dire... il mio spirito non si è ancora sopito e io non sono ancora morto dentro, come è invece accaduto a quasi tutti quelli delle ultime generazioni.
Qualche anno fa, nel mio libro La Rinascita
Italica (che prima o poi tornerà in commercio, ve lo prometto) dicevo: «Solo uomini e donne che nel loro
Cuore hanno posto il futuro della nazione davanti agli interessi personali,
potranno costruire una nazione con un futuro. Chi
vuole prendere parte alla riedificazione dello Spirito Italico deve dimostrare
di non essere più autocentrico nei propri interessi e di saper mettere le
proprie qualità al servizio dell’intera comunità, come un Samurai che non
combatte per se stesso ma mette la spada al servizio del suo signore».
Proprio non me la sento di stare in disparte a
coltivare il mio giardino, nella speranza che il Sistema non si abbatta mai con
il suo pesante martello sulla mia testa. Preferisco muovermi incontro al
nemico. Non sono nato per fare la fine dell’agnello a Pasqua. Intorno a me,
nell’ambiente della spiritualità, è pieno di persone che si sono ritagliate la
loro nicchia e si permettono di dire «a me la politica non interessa... io mi
devo occupare di altro...». Si nascondono nelle fogne, sperando non arrivi mai
Il Grande Derattizzatore. Credono di
poterla esorcizzare ignorandola. Il futuro dimostrerà che si sbagliano.
Fermo restando che ognuno di noi ha comunque una
missione diversa su questo pianeta – e non tutti hanno il compito di candidarsi
alle elezioni – in ogni caso... meno te ne occupi... più la politica si occupa
di te, qualunque mestiere tu svolga. Prima o poi viene a cercarti nel tuo
giardino dorato per disturbare il tuo sonno e spezzare il tuo sogno. Ciò che è
recentemente accaduto con la questione dell’obbligatorietà dei vaccini dovrebbe
servire da monito. Le decisioni non vengono prese dai meditanti dell’ambiente
new-age (ve ne siete accorti?), bensì da coloro che stanno al Governo. Come ebbi
modo di dire in un discorso tenuto a Roma tanti anni fa: «Se noi non facciamo
politica, la politica ce la fanno addosso».
Nel post Cosa vota Salvatore Brizzi ho spiegato qual è il programma politico che nei
prossimi anni può provocare un riequilibrio energetico utile alla nostra
ripresa come nazione. La ripresa economica e sociale può essere unicamente
conseguenza d’un mutamento energetico. Dobbiamo ricostituirci sul piano
energetico, riaffermare la nostra identità in Europa e nel mondo, altrimenti
stazioneremo ancora a lungo nelle sabbie mobili, come abbiamo fatto finora, grazie
ai governi-ombra degli ultimi anni. Siamo come un adolescente che deve
dimostrare di essere divenuto adulto. Questo si aspettano da noi i maestri di
Shamballa.
Per questo motivo in alcuni punti del programma insisto sul
concetto di “mantenimento dell’identità”. Lui stesso non lo sa, ma il lavoro di
“riappropriazione dei confini” che sta portando avanti Matteo Salvini rientra
nel percorso di riacquisizione dell’identità nazionale che la Fratellanza di
Shamballa vorrebbe per l’Italia... e non è un caso che venga ferocemente
ostacolato dalla stampa di regime e dalla cultura di regime, i quali puntano a
una disgregazione delle nazioni, con il fine di renderle più vulnerabili. L’affermazione
della propria identità permette a una nazione di divenire più forte. Chi è
forte può aiutare il prossimo e può fare da esempio, ma chi viene indebolito
non può aiutare né se stesso né gli altri: è destinato a fare riferimento a un
potere più grande e divenirne schiavo.
Scrivevo in La Rinascita
Italica: «L’euro è stato un attacco, molto ben riuscito, all’autonomia
degli Stati nazionali europei. Ammettere il fallimento dell’euro e fare un
passo indietro non significa necessariamente rinunciare a una cooperazione fra
gli Stati. Invece d’un’unione monetaria disfunzionale possiamo promuovere
un’Europa delle Patrie, formata da Stati amici che collaborano fra di loro,
senza per questo rinunciare all’identità nazionale... che è la vera forza
dell’Europa. Così come individui risvegliati e indipendenti possono formare una
comunità anziché un branco, allo
stesso modo un gruppo di nazioni che non ha rinunciato alla sovranità nazionale
può dare luogo a una Comunità di Patrie anziché a un branco di popoli dominati
dagli interessi delle banche internazionali.
Un’azione violenta e disgregatrice delle identità sia
nazionali che personali – che si maschera dietro il termine “globalizzazione” –
persegue la cancellazione delle memorie culturali delle singole nazioni. Essere
“cittadino del mondo” non significa non avere più Patria e non percepire più la
propria cultura d’origine. I differenti popoli e le diverse culture devono
collaborare fra di loro, integrarsi, prendere il meglio l’una dall’altra... ma
non scomparire. La ricchezza d’una civiltà risiede nella diversità delle
culture che la compongono. Ed è proprio questa preziosa diversità che, in nome
della globalizzazione, si vuole uccidere oggi. Su questo fraintendimento,
inoltre, si gioca nell’additare come “di estrema destra” chiunque s’opponga fieramente
alla frantumazione delle sue radici culturali. Che io venga indicato come
“razzista” perché non voglio smettere di sentirmi italiano – un individuo
unico, il cui attuale modo di pensare è anche frutto d’una storia millenaria
fatta di Politica e di Arte – è una violenza nei confronti della mia stessa
identità, che in tal modo, in nome dell’uguaglianza, viene ridotta a mero
numero, un numero che non possiede più un passato e, di conseguenza, nemmeno un
futuro».
Le quattro atlete di colore che hanno vinto l’oro nella
4x400 ai Giochi del Mediterraneo, sono italiane? Io, da ex atleta, vi dico che quattro italiane
non avrebbero mai vinto quell’oro. Se quattro atlete di colore nate in Giappone
avessero vinto un oro in una staffetta mondiale, potremmo forse affermare che i
giapponesi sono i più forti del mondo in quella specialità? Forse dovremmo ridefinire alcuni concetti: è sufficiente essere nato in Giappone per essere giapponese, anche se si possiede una struttura muscolo-scheletrica da africani? Ossia, l’identità genetica conta qualcosa al fine di definire l’appartenenza d’un individuo a una nazione? Io sono aperto a tutto, basta mettersi d’accordo. Per esempio, io gli atleti non li farei più gareggiare per nazione, bensì come singoli. Non potendo più definire in maniera chiara l’appartenenza a una patria, è meglio che ognuno gareggi per sé.
E la successiva domanda è: poiché dico questo... sono uno sporco razzista?
Ma di tale argomento ho già ampiamente parlato nel mio post sull’atleta “italiana”
Fiona May: Chi è il cittadino?
Nel rispetto d'un insidioso “razzismo al contrario”
dovrei vergognarmi di sentirmi italiano, di voler ancora distinguermi, di non
voler scomparire nella massa multietnica indifferenziata dove l’essere umano è
trattato alla stregua d’un codice a barre: «Non ci interessa quali sono la tua
cultura, il tuo colore e le tue radici, ma solo che tu acquisti i prodotti della
globalizzazione e paghi le tasse!».
Lo
stesso discorso può esser fatto circa l’identità sessuale, anche questa
volutamente messa in dubbio e in crisi, soprattutto fra i più giovani. Qui il
messaggio culturale oramai da diversi anni è: nell’era del progresso ognuno ha
diritto di scegliere se essere uomo o donna, il sesso del tuo corpo non ti deve
condizionare!
A
Londra è nata la prima clinica per affrontare la cosiddetta “disforia di genere”.
Ha avuto in "trattamento" 50 tra bambini e adolescenti cui vengono
iniettati ormoni che bloccano lo sviluppo, in attesa che decidano quale sesso
"scegliere". Un'aberrazione psicologica e un falso scientifico che si
configura come una violenza, al pari di quella sessuale, sul corpo e sulla
psiche di innocenti.
Che
i miei gusti e le mie abitudini non siano più distinguibili da quelle d’un
francese, un tedesco o un algerino non costituisce evoluzione, bensì
involuzione, in quanto anziché avanzare dallo stadio di individuo a quello di comunità
– dove ognuno mantiene la propria identità agendo al contempo per il Bene
Comune – si retrocede dallo stadio di individuo a quello primitivo di “branco
indifferenziato” – dove non c’è più identità e le decisioni vengono prese dal
capobranco, ossia, in questo periodo storico, un governo occulto e
sovranazionale».
Se voi vi sentite spiritualmente pronti per perdere la vostra identità, ben
venga. Secondo me vi state prendendo in giro, ma questo è un altro discorso,
che affronteremo un altro giorno. In ogni caso, sappiate che la nazione non è
pronta, poiché evolutivamente deve ancora acquisire una vera identità, ed è questo che
interessa i maestri. Nella crescita dell’individuo, così come delle società,
esistono delle tappe che non possono venire saltate: non puoi costringere un
bambino, che deve sviluppare il senso del possesso, a regalare i suoi
giocattoli, solo perché tu sei un genitore affetto da newageismo. Se non
permetti al bambino di strutturare in maniera sana il suo ego, dandogli una
famiglia e un territorio entro il quale sentirsi al sicuro, sarà un adulto
pieno di paure e insicurezze. E questo, qualcuno, lo sta facendo in scala
globale con le nazioni. Qualcuno, una Gerarchia Oscura, che ben conosce gli
stati energetici e i livelli evolutivi delle nazioni e delle folle, e sa come
manipolarli per i suoi scopi, sa come renderli deboli.
Gli stessi che sbraitano in favore dell’accoglienza e vedono
razzisti, fascisti e xenofobi ovunque, non stanno accogliendo proprio nessuno
in casa loro. E questo è giusto, in quanto anche loro, come tutti gli altri,
non sono pronti per l’accoglienza, se non a parole. Manifestare contro chi non è accogliente, non significa essere accogliente, se poi, nei fatti, non si ospita qualcuno in casa propria. Queste persone non sono però in grado di
riconoscere la contraddizione interiore di cui sono vittime e inconsciamente odiano questa loro incapacità. Vorrebbero essere
accoglienti, ma non ci riescono. Questo mancato riconoscimento genera la rabbia
con cui si scagliano verso Salvini o chiunque sostenga il suo lavoro. Basterebbe
facessero pace con se stessi, allora si unirebbero all’altra metà della nazione
e insieme si troverebbero presto delle soluzioni pratiche, in quanto la contrapposizione fra le due fazioni si arresterebbe e la
frequenza vibratoria della nazione muterebbe. Ma adesso sto chiedendo troppo; i
maestri stessi non pretendono che riusciamo a fare già così tanto. D’altronde loro
non hanno fretta.
Salvatore Brizzi
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