Premetto
che non farò riferimento a ciò che ho letto su libri che hanno scritto altri –
né moderni, né appartenenti alla cosiddetta tradizione – in quanto determinate
nozioni ho potuto apprenderle attraverso l’esperienza diretta di progressiva
identificazione con la mia anima. A chi si stupisce voglio ricordare che tutti
ci siamo reincarnati più e più volte, e ancora lo faremo, per cui sapere come
funzionano determinati processi è solo una questione di memoria più o meno
salda che permane tra una vita e quella successiva. Tale memoria dipende dalla
cristallizzazione (=fabbricazione alchemica) del »corpo di gloria«, anche detto
»corpo causale«, ossia il corpo dell’anima.
Possono
nascere dubbi sulla reincarnazione solo in chi ancora non ha cristallizzato un »corpo
causale« e quindi non si è sufficientemente identificato con la sua anima (costruzione del corpo causale e identificazione con il principio che lo abita , l'anima, vanno di pari passo). Il
“sentirsi anima” consente infatti di percepirsi in quanto esseri immortali che
attraversano differenti incarnazioni lungo migliaia di anni. La questione della
reincarnazione non ha nulla da spartire con dimostrazioni logiche o
scientifiche o con la trasmissione di insegnamenti tradizionali; consiste
invece in una semplice verità che a un certo punto si manifesta come evidente e
indubitabile in chi ha lavorato su di sé abbastanza a lungo.
L’anima
esiste in ognuno di noi, ma di norma essa esiste solo in embrione. Attraverso
il lavoro su di sé letteralmente si “fabbrica” l’anima (si cristallizza) e allo
stesso tempo la nostra coscienza si disidentifica dalla mente per identificarsi
progressivamente con l’anima, man mano
che essa viene costruita attraverso la presenza nel qui-e-ora e l’apertura del
Cuore. Di norma le persone credono che sia la loro attuale
mente a reincarnarsi, invece è l’anima, l’essenza, a reincarnarsi in apparati
psicofisici sempre differenti.
All’inizio
del cammino evolutivo, nel corso delle prime incarnazioni, l’anima non si
cristallizza in maniera volontaria, ma semplicemente come effetto delle
situazioni difficili che è costretta a superare di vita in vita. L’anima viene
cioè fabbricata “per attrito”, grazie alle difficoltà e alle sofferenze che la macchina biologica deve affrontare nella psico-prigione. L'anima è come una resina che la personalità secerne quando viene spremuta.
Il
karma si origina in quanto gli effetti di ciò che un’anima ha vissuto
all’interno di un’incarnazione si trasferiscono a quella successiva. Detto in
altro modo: la qualità delle nostre reazioni agli eventi della vita creano un
bagaglio positivo o negativo che portiamo con noi anche dopo la morte. Questo
significa che “qualcosa” di immortale si è già costruito e sopravvive alla
morte del corpo fisico. Per cui, un individuo può star certo che a ogni
incarnazione riprende il lavoro esattamente da dove lo aveva interrotto al
termine della vita precedente. L’anima non muore mai e le incarnazioni si
sviluppano secondo un continuum molto simile all’alternarsi dei giorni nella
nostra vita quotidiana (giorno, notte e poi un nuovo giorno).
Un
uomo più evoluto decide invece di lavorare su di sé volontariamente al fine di
cristallizzare in maniera definitiva il suo »corpo causale« e chiudere ogni
sospeso karmico derivante dalle azioni delle vite precedenti. Non si affida,
cioè, all’evoluzione naturale, ma decide di accelerare i tempi.
Jung giovane e vecchio. Daimon al centro |
Come
si lavora in tal senso?
Gesù
dice in maniera chiara: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia
parola, non vedrà mai la morte». Gv 8,51
La
parola di Gesù indica sempre l’apertura del Cuore. In teoria non è nulla di
complicato, perché non concerne l’applicazione di alcuna tecnica occulta;
infatti è sufficiente... perdonare i propri nemici. Il perdono rivolto a
qualcuno che ci sta facendo qualcosa di male fa sì che venga bruciato il karma
che ci tiene legati a quella persona o a quel luogo. Non importa che non
sappiamo quali trascorsi karmici ci hanno condotto a incontrare questa persona
in questa situazione, perché il perdono va offerto a priori. Il perdono è il balsamo che guarisce e
libera dalle catene del karma.
Nella
pratica, come avrete intuito, non è così semplice come nella teoria. Perdonare
è faticoso, in alcune occasioni quasi impossibile. Il punto è che l’attrito
interno che si crea nel tentativo di perdonare qualcuno, letteralmente fabbrica il »corpo
causale«. Questo ci consente di liberarci sia sul piano fisico che
su quello astrale prima ancora di passare “dall’altra parte” al termine
dell’incarnazione. Il perdono non è un atto morale, bensì un processo alchemico
che ci libera definitivamente delle sbarre della psico-prigione.
Afferma
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: «Se uno è in Cristo, è una creatura
nuova; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5, 17)
La
parte mortale di noi vuole reagire, colpire, vendicarsi... mentre la parte
immortale non si sente nemmeno offesa. La nostra coscienza sta nel mezzo:
talvolta pende da una parte, talvolta dall’altra. In ogni caso, ogni minuto che
riusciamo a frapporre fra l’offesa e la nostra reazione è un mattoncino che va
a costruire il palazzo dell’anima.
Detto questo, perdonare non significa “restare a guardare” di fronte alle nefandezze del mondo oppure diventare lo zerbino dei nostri aguzzini. Il perdono non ci impedisce di porre fine a una situazione o di far arrestare qualcuno. Gesù con i mercanti che facevano i loro affari nel tempio non si è certo comportato da spettatore passivo, eppure vi assicuro che nel suo Cuore c’era solo amore.
[L’argomento
è approfondito nei miei testi: RISVEGLIO
e LAPORTA DEL MAGO]
Continua con la decima lezione...
Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio)
(D.O.G. = Dogs Of God)
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