Il “ciclo della consapevolezza” o “ciclo dell’evoluzione” può sembrare una lezione teorica, invece è una delle lezioni più importanti, in quanto spiega perché è indispensabile l’esistenza del pianeta-scuola nel quale ci troviamo. Devo ammettere che esiste anche un’alta probabilità che per qualcuno questo pianeta-scuola si trasformi in una vera e propria psico-prigione da cui è difficile evadere, ma vi garantisco che vale la pena correre questo rischio.
In principio c’era solo l’Uno – e, a ben guardare, anche
adesso c’è solo l’Uno – ma quest’Uno era inconsapevole di sé. Per farcene
un’idea possiamo immaginare l’assenza di coscienza che caratterizza il sonno
profondo, cioè il sonno senza sogni: un vero e proprio vuoto di consapevolezza.
Oppure possiamo pensare alla coscienza d’un neonato o alla coscienza d’un
albero: sono tutte espressioni dell’Uno onnipervadente, ma non sono consapevoli di
esserlo. Gli esseri appartenenti ai regni precedenti a quello umano – minerale,
vegetale e animale – di norma non hanno sviluppato la consapevolezza di sé
(senza offesa per il vostro gatto), ossia la consapevolezza di esserci. Lo stesso dicasi per gli esseri
umani a uno stadio neonatale: i neonati sono ancora nell’Uno e inconsapevoli di
esistere in quanto entità separate.
Affinché si sviluppi la consapevolezza di sé – quella che
vi fa pensare (e sentire): «Io esisto» – è necessario che l’Uno si incarni e si
identifichi con un individuo – una macchina biologica – in possesso di un “meccanismo”
duale; esattamente ciò che possiamo trovare in un essere umano adulto. Più lo
spirito percorre il suo cammino dal mondo minerale a quello umano – e più si
sviluppa come uomo nel corso della storia – più diviene separativo. Per
esempio, popoli come gli indiani d’America o gli aborigeni australiani erano
meno separativi di noi e più in contatto con la natura e lo spirito che la
pervade, tanto che per loro non esisteva una “natura scientifica” separata
dalla concezione spirituale del mondo. L’uomo moderno è riuscito a separare le due cose; ha cioè sradicato lo spirito dalla natura e lo ha relegato al mondo della religione e poi ha cominciato a indagare la natura utilizzando come unico strumento la mente razionale. Per questi popoli invece la natura, la vita e lo spirito erano
inseparabili.
Il punto è che solo diventando degli intellettuali
occidentali che separano lo spirito dalla materia si può giungere a divenire
davvero consapevoli di sé, del proprio esserci nel mondo. Più sei separato, più
sei consapevole di essere “qualcuno”. E per fare questo era necessario che
l’Uno si identificasse (e si perdesse) totalmente con un guscio biologico di
natura duale, un apparato psicofisico. Mentre gli animali e i neonati vivono in armonia con l’Uno,
l’adulto umano si sente esistente solo all’interno del suo corpo e vede il
mondo all’esterno come qualcosa di separato dalla sua coscienza e fonte di
pericolo. Dio si guarda attraverso gli occhi d'una macchina biologica e non si
riconosce più!
Come
ho già detto nella seconda lezione, la coscienza deriva dall’identificazione
con uno strumento duale, capace cioè di dividere tutto in due:
interno/esterno
io/gli
altri
caldo/freddo
giusto/sbagliato
mi
piace/non mi piace
ecc.
Questa è la cosiddetta “caduta dello spirito nella materia”.
La risalita, l’ascesa, la religione (re-ligo=unisco di nuovo), lo yoga (=unione), il “ritorno a casa del
Padre” ... sono tutte espressioni che indicano la possibilità di passare dalla
separazione all’Uno, risalendo lungo quel cammino che per milioni di anni abbiamo
percorso in discesa. Il risultato finale è la realizzazione del proprio essere
Dio CONSAPEVOLMENTE, ossia senza perdere la consapevolezza di sé che si è
acquisita in fondo alla discesa, nel punto più basso del cerchio. I popoli
citati prima, sono più vicini di noi al Dio primordiale, ma sono più lontani di
noi dalla “consapevolezza di Dio”. Questo è un punto essenziale da comprendere,
in quanto spiega cosa ci facciamo sulla Terra e perché c’è bisogno della
manifestazione materiale.
L’uomo nel corso dei millenni si è “individualizzato”
sempre di più: è passato da una coscienza “di branco” a una coscienza
individuale, cioè da un’anima collettiva a un’anima individuale. Ne consegue che pure i metodi di risveglio sono mutati nel corso del tempo; ciò che era adatto a un indù di mille anni fa, non è più adatto (o è addirittura controproducente) per uno stressato e malealimentato newyorkese di oggi. Da qui nasce la mia critica verso molti metodi cosiddetti “tradizionali”.
Continua con la quinta lezione...
Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio)
(D.O.G. = Dogs Of God)
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