L’attenzione è la moneta più preziosa che ho per pagare la libertà
interiore.
G.I. Gurdjieff
Quando emozioni come la paura,
l’angoscia o la rabbia si impadroniscono di noi avviene un vero e proprio
“sequestro cerebrale”, ossia le nostre capacità mentali razionali non rivestono
più alcuna utilità, non hanno più voce in capitolo. Quando l’emozione è molto
intensa possiamo essere sicuri che qualcuno o qualcosa è andato a toccare una
nostra antica ferita emotiva carica di dolore. A rendere insormontabile un
problema - sia esso lavorativo o familiare - non è mai il problema in sé, bensì
il fatto che abbiamo perso la nostra intelligenza perché siamo stati
“sequestrati” da un’emozione irrazionale scatenata da una ferita.
In meccanica esiste il concetto di
resilienza, ossia la capacità di un metallo di assorbire energia di
deformazione elastica. La capacità di ritornare alla sua forma originaria non
appena cessa la forza che lo aveva deformato. Dal punto di vista psicologico è l’attitudine a far
fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente
la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili
alle opportunità positive che la vita offre. Sono persone resilienti quelle che, immerse in
circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni
previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio
alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Di fronte all’evento avverso non è
rilevante non provare l’emozione negativa che annulla temporaneamente la nostra
intelligenza; pare infatti che fino a un certo grado di sviluppo della
coscienza (stiamo parlando di maestria spirituale) non sia possibile evitarlo. È
invece importante diventare come un materiale altamente resiliente, ossia
capace di tornare velocemente e integralmente allo stato originario.
L’intensità dell’emozione provata, in rapporto al lasso di tempo che
impieghiamo per “tornare in noi” definisce in maniera netta - direi matematica
- il nostro stato di coscienza.
Quali mezzi abbiamo a nostra
disposizione per incrementare questa capacità?
Innanzitutto l’esperienza, ossia
la ripetizione successiva di eventi che scatenano questo fenomeno
incontrollabile. Questo è un metodo meccanico, in quanto accade
indipendentemente dalla nostra volontà: la Vita ci costringe a fronteggiare ricorsivamente
determinate situazioni di disagio emotivo. È sicuramente il metodo più lungo e
inoltre non dà la certezza di alcun risultato, perché attraverso la sola
ripetizione, se l’evento non viene mai elaborato coscientemente, ma unicamente
subìto, non si ottiene una guarigione della ferita e potrebbe accadere che
nella persona il rifiuto si vada accumulando fino a rendere insopportabile la
situazione.
Sono sicuro che tutti voi vi siate
stancati di rivivere il vostro passato anziché sperimentare un reale futuro.
Dobbiamo pertanto sfruttare la ripetizione a nostro vantaggio in maniera
cosciente, con lo scopo di liberarci dal loop dell’“eterno ritorno”. Portiamo
quindi la nostra Attenzione consapevole sul disagio interiore. Assaporiamolo.
Spogliamolo della sua veste morale (giusto/sbagliato) e sentiamolo unicamente
per ciò che è: un evento fisico-elettrico. È normale provare dolore, ma non lo
è provare sofferenza. Il dolore è solo una scarica elettrica, mentre la
sofferenza è il rifiuto dell’evento legato a quella scarica elettrica.
La chiave è avere il Coraggio di
non opporre resistenza al dolore emotivo. Per elaborare l’evento dobbiamo
abituarci a farci sopraffare consapevolmente dalla situazione e dalle emozioni
negative che ne derivano, così come ci lasceremmo affascinare dalla vista d’un
vulcano in eruzione, percependolo terribile e incantevole allo stesso tempo.
Non dobbiamo rifiutare quelle emozioni e quei pensieri come indesiderati;
viviamoli fino in fondo, senza farci distrarre dalla sofferenza, senza giudizio.
Diveniamo esploratori fermamente intenzionati a scoprire la radice energetica
profonda di quanto stiamo provando. Scendiamo senza timore nella caverna, senza
badare agli attori esterni del nostro dramma. Loro vivranno esattamente il
destino che meritano, noi facciamo il nostro Lavoro di liberazione.
La vita ci pone esattamente nelle
condizioni (lavorative, economiche, familiari e sessuali) più adatte a salire
il nostro prossimo gradino evolutivo. Il nostro compito consiste nell’evitare
di incolpare quelli che abbiamo intorno e concentrarci invece su ciò che
proviamo all’interno. Nel lavoro magico-alchemico non esistono fatti belli o
brutti, ma solo fenomeni elettro-chimici. Che sia rabbia, felicità o
eccitazione sessuale... in verità, a un livello profondo, stiamo sempre parlando
di fisica, non di psicologia. Abbiamo una perniciosa tendenza a interpretare i
fenomeni elettrici in termini psicologici. Correggere una distorsione in un
campo elettrico è diverso che elaborare un divorzio! Il grado di coinvolgimento
psicologico risulta minore.
Il traguardo finale, la resilienza
massima, si manifesta nella capacità di integrare istantaneamente il fenomeno
elettrico-emotivo tanto da non riuscire più a considerarlo un disagio. Il
fenomeno elettricamente doloroso viene spogliato dell’aspetto sofferenza, una
maschera che lo appesantiva e di cui adesso non ha più bisogno, in quanto grazie
alla nostra costante Attenzione la sua vera natura è venuta allo scoperto.
L’energia emotiva prodotta nel processo ovviamente non scompare, al contrario,
adesso si trova a nostra disposizione.
Ma questa è un’altra storia.
Salvatore Brizzi
(occupazione: domatore di fiumi)
(occupazione: domatore di fiumi)
Vi ricordo che i due articoli dove meglio spiego nei
dettagli la pratica del lavoro su di sé restano:
e
Gli argomenti di questi due post vengono approfonditi
nel video:
L’ALCHIMIA INCONTRA LE NEUROSCIENZE
a questo link
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