giovedì 3 ottobre 2013

L'erezione maschile


Dalla mattina di lunedì 30 Dicembre alla mattina di mercoledì 01 Gennaio trascorreremo insieme, come è già successo negli ultimi anni, le festività di fine anno. I due giorni saranno dedicati all’argomento Sessualità, ma sarà più che altro un’occasione per parlare ancora una volta di lavoro su di sé, questa volta partendo dalle dinamiche di coppia e dai problemi di natura sessuale; tema, quest’ultimo, di cui ho trattato nel mio ultimo libro La Sacra Sessualità, che, a giudicare dall’eccezionale ritmo delle vendite, pare proprio abbia colmato una lacuna nell’attuale letteratura sull’argomento. Sembra che tutti lo stessero aspettando e che sia immediatamente iniziato un passaparola inarrestabile (buon per me... e buon per voi!).

Un tema di cui non parlo nel libro – e lo faccio quindi adesso – concerne il significato dell’erezione maschile. Afferma il sempre ottimo Igor Sibaldi che l'erezione maschile costituisce il grande tabù dell'Occidente, nell'arte così come in ogni ambito della cultura. Se è accettato il nudo femminile e può essere eccezionalmente perdonato un nudo maschile, non lo è mai l’immagine del membro eretto. Perché esiste questo condizionamento così invalicabile? Forse dietro tale simbolo si nasconde la trasmissione di una Forza eccezionale, per la quale fino a oggi non ci siamo ancora rivelati pronti? Eppure è una visione magica d'una bellezza straordinaria. L'erezione maschile è un miracolo, in quanto non può essere in alcun modo provocata o controllata. Questa manifestazione d'inaudita Potenza accade da sola... oppure non accade.

Nell’erezione maschile non c'è niente di aggressivo o prevaricante. Sebbene possa sembrare il contrario, in verità si tratta di una silenziosa invocazione della Yoni (l'organo genitale femminile), una preghiera, una richiesta supplicante. Con timore e desiderio al contempo, il membro maschile chiede di entrare nel tempio buio. Laggiù sa che potrà perdersi per sempre o ritrovarsi per sempre. Da qui nasce il senso di sacralità legato all’atto della penetrazione. La volgarità e l’aggressività dell’erezione maschile esistono invece solo negli occhi di chi guarda e non sa accettare il suo Fuoco interiore. Il medesimo discorso ha valore per il rapporto omosessuale.

È un sacrilegio considerare volgare l’organo sessuale del maschio.
Sono volgari – e osceni – i dibattiti fra uomini politici; sono volgari le trasmissioni di Maria De Filippi; sono volgari milioni di persone che assistono alla finale d’un campionato di calcio; queste sono le cose che dovremmo censurare, che dovremmo impedire ai nostri bambini di vedere, affinché la loro sensibilità non venga deturpata; ma non può essere volgare un organo umano nella sua piena manifestazione virile. Perché insegniamo ai nostri figli a vergognarsi di ciò che posseggono di bello nei loro corpi?

In un post precedente ho parlato di chi si sente infastidito di fronte alle manifestazioni di “eccessiva” virilità altrui e le colora d'immoralità, abuso di potere e mancanza di rispetto verso la donna. Va molto di moda criticare i comportamenti sessuali dei politici, dei dirigenti televisivi, dei registi cinematografici e, naturalmente, dei guru spirituali! Ma dietro queste critiche si nasconde – senza peraltro riuscirci bene – qualcuno che in fondo ha paura della propria stessa erezione. In senso figurato... e a volte anche in senso letterale, con relativi problemi d'impotenza. Di tali problemi tratto in maniera approfondita nel mio libro. Sono persone che hanno timore del proprio Fuoco, perché paventano che potrebbe sfuggire al loro controllo ed esprimersi sottoforma di aggressività. Sono persone che vorrebbero controllare ogni cosa.

Se io sono contrario a un determinato comportamento, per esempio all’attività sessuale eccessivamente disinibita, posso tranquillamente evitare di comportarmi io stesso in quel modo, ma non sono automaticamente autorizzato a criticare chi invece si trova bene nell’adottare quell’atteggiamento. Il problema nasce quando io stesso – inconsciamente – vorrei essere come coloro contro cui punto il dito, ma non lo sono perché – sempre inconsciamente – ho paura del mio Vril, del mio Fuoco, della mia Potenza Sessuale, uomo o donna che io sia.

L’uomo non ha paura della povertà, bensì della Ricchezza; non ha paura dell’impotenza, ma della Potenza; non ha paura di morire, ma di scoprirsi immortale!
L’uomo vive nel terrore di accorgersi un giorno di essere Dio!

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)


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