L’osservazione e lo studio della nostra emotività sono
indispensabili in un contesto di Lavoro su di sé in quanto rappresentano un
valido mezzo per modificare l’emotività stessa. Dobbiamo rassegnarci al fatto
che non ci è possibile cambiare niente delle nostre emozioni in maniera
diretta, in quanto sono troppo forti e veloci rispetto allo stato attuale della
nostra coscienza. Le nostre paure, le insicurezze, i fastidi e le rabbie ci
invadono e ci abbandonano stremati solo quando lo decidono loro. Possiamo
modificarle solo indirettamente. Non possiamo scegliere di provare coraggio
anziché paura, non possiamo scegliere di non arrossire o di non far tremare la
voce o le gambe; ma con uno sforzo di volontà possiamo scegliere di essere
presenti nel corso di tali manifestazioni emotive.
Nel produrre questo sforzo di volontà affermiamo il nostro
vero Io, il quale di norma è surclassato dalla nostra emotività. Allora
qualcosa di reale, di non meccanico – in quanto frutto di uno sforzo – comincia
a nascere in noi nonostante la macchina biologica faccia di tutto per evitarlo,
in quanto vuole continuare ad agire per abitudine, secondo meccanismi di
reazione acquisiti nella prima infanzia, che non le costano alcuna fatica.
Questo nuovo Io che sta timidamente – e a costo di enormi
sforzi – facendo la sua timida comparsa, se non vuole essere immediatamente
divorato dalla macchina biologica – che lo percepisce come una presenza
pericolosa – deve trovare il modo di affermarsi acquisendo dell’energia
supplementare. Lo può fare ingaggiando una battaglia con l’emotività della
macchina: potrà cioè nutrirsi di nuova energia tutte le volte che impedirà alla
macchina di esprimere all’esterno le sue emozioni negative.
Riguardo ogni evento esterno che gli è dato di vivere
l’individuo prova un’emozione positiva, oppure indifferenza, oppure disappunto,
ossia un’emozione negativa. Mentre può facilmente celare il suo accordo o la
sua indifferenza, gli è quasi impossibile non mostrare in qualche modo il suo
fastidio verso quanto sta accadendo o verso una data persona; si abitua
volentieri a manifestare agli altri i suoi fastidi e, spesso, questo è
considerato, in una società di ottusi, come un segno di sincerità da parte
dell’individuo!
L’impressione negativa ricevuta si esprime sotto forma di
collera, gelosia, invidia, critica, diffidenza, noia (anche questa è
un’emozione negativa), timore, autocommiserazione, ecc. Tali manifestazioni
testimoniano l’impossibilità dell’essere umano di conservare per se stesso i
suoi risentimenti personali e la sua patologica tendenza a farli rimbalzare su
chi lo circonda per non “sentirsi solo”. Appena individua qualcosa che non gli
piace, comincia a fare proseliti innescando una reazione a catena che
moltiplica la negatività intorno a lui. Ovviamente ciò non resta senza
conseguenze karmiche.
Non si fonda forse su questo principio la possibilità di
cliccare “Non mi piace” sui social network? Per quale motivo un essere umano
sano di mente dovrebbe far sapere ad altri che qualcosa non gli piace e poi
aspettare con trepidazione davanti allo schermo per vedere quanti sono
d’accordo con lui? Lo so, vi sembra un comportamento normale... infatti è
proprio qui il problema!
Il “dire male”, il pettegolezzo, il criticare il lavoro o il
comportamento degli altri sviliscono la dignità dell'essere umano. Perché
sprecare energie per criticare qualcuno – o il mondo intero – quando potrebbe
impiegare quella stessa forza per costruire qualcosa di valido? Perché
spettegolare non costa alcuno sforzo alla macchina biologica (anzi, è
l'attività che preferisce), mentre lavorare per costruire qualcosa di positivo richiede
un impegno continuo.
Vi è in questi comportamenti – all’apparenza innocenti – il
marchio della meccanicità, dell’assenza di un Io consapevole, dell’incapacità
di vedere la realtà per come davvero è, cioè nella sua Bellezza. Nella
lamentela e nella critica verso gli altri – grandemente favorite dai nuovi
media – vi è lo sprofondare atlantideo di un’intera civiltà.
Ebbene, questo è uno di quei rari processi che, in un
contesto di Lavoro su di sé, può essere interrotto senza rischio di
compensazioni nocive. La lotta contro l’espressione delle emozioni negative non
comporta infatti alcuna modifica sostanziale dell’equilibrio della macchina,
poiché si tratta di sopprimere la loro espressione esteriore – evitando di dire
una frase, di fare un movimento di stizza, di lanciare uno sguardo indignato –
ma non le emozioni stesse, le quali sono, almeno per adesso, molto più veloci
della nostra capacità di osservarle coscientemente.
L’unico effetto che si produce è il risparmio di una
notevole quantità di energia a vantaggio della crescita del nostro neonato Io,
quello che con grande sforzo ha cominciato a essere presente, e stupefatto, di
fronte alle nostre manifestazioni emotive. Questo concretizzarsi dell’Io
permetterà ulteriori osservazioni e quindi ulteriore guadagno di energia. In
tal modo il primo importante passo sulla strada verso la liberazione è stato
fatto. Un nuovo mondo inizierà a disvelarsi di fronte ai nostri occhi.
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
Mi permetto di consigliarvi la lettura di questo post, dove
presento Robert Jhonson, uno dei pochi personaggi che manifesta idee chiare e
valide su temi quali: la crisi, l'imprenditoria, la sovranità monetaria: http://larinascitaitalica.com/robert-jhonson-intervista-armando-siri/
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