...prosegue dai post Strutturare
un Ego e Strutturare
un Ego - parte 2.
Nell’evoluzione della coscienza esiste un paradosso
fondamentale: noi impieghiamo milioni di anni per strutturare un Ego, un vero
“Io”, e poi, una volta strutturato questo benedetto Io, dobbiamo gettarlo
via.
Dietro questo gioco paradossale si nasconde però il
significato della nostra vita e del nostro “sentirci vivi nel mondo”, perché il senso dell'Io definisce la nostra esistenza autonoma rispetto all’Uno primordiale.
Come ho già spiegato nei due post precedenti, l’Ego non solo
non è qualcosa di negativo, come invece si tende a credere oggi, ma è qualcosa
di fondamentale in funzione di uno sviluppo psicologicamente sano
dell’individuo. I nostri problemi non nascono dal fatto che “siamo schiavi del
nostro Ego”, come si afferma in certe filosofie dell’ultima ora, ma, al
contrario, dal fatto che non siamo ancora riusciti a strutturare un Io sano.
Un Io “centrato” è fondamentale.
Senza la consapevolezza dell’Io – ossia, senza la
consapevolezza di essere separati dall’Uno e talvolta in conflitto con Esso – noi
saremmo in uno stato di coscienza simile al sonno profondo. Nel sonno profondo come
si sta? Non può essere descritto, perché in quei momenti non siamo consapevoli,
per cui non possiamo capire se siamo felici o infelici. Quando ci trovavamo
ancora fra le braccia del Padre il nostro stato era proprio questo, sonno
profondo.
L’Ego non è un mostro, ma semplicemente la coscienza di sé. Separarci
dal Padre è servito a svegliarci dal sonno profondo. L’Ego ci permette di
essere coscienti della nostra esistenza in quanto individui. Questo famigerato
Ego appare come un mostro fuori controllo solo perché non lo abbiamo ancora
correttamente plasmato.
Il grande paradosso cui accennavo all’inizio consiste nel
fatto che noi in realtà non esistiamo, ma siamo semplicemente un’emanazione del
Padre, una goccia di Lui che si cala nella materia e che da Lui non può mai
staccarsi. C’impieghiamo milioni di anni e decine d’incarnazioni per arrivare a
credere di non essere il Padre, fino al punto più basso, quello in cui
addirittura ne neghiamo l’esistenza. Questo è il segno che abbiamo finalmente
raggiunto la separazione completa dall’Uno, dal Creatore. La separazione in
definitiva è falsa, perché noi in realtà restiamo sempre Lui, ma questo gioco
di ruolo ci rende consapevoli.
Quando finalmente, dopo milioni di anni, ci siamo convinti di
esistere in quanto enti separati... e addirittura non crediamo nemmeno più
nell’esistenza di un Padre... arriva il momento di buttare tutto nella
spazzatura e “tornare a casa del Padre”. La bizzarria di questo momento
evolutivo è che miliardi di persone sono chiamate – quasi costrette – a
destrutturate l’Io... anche se non lo hanno ancora strutturato... e la maggior
parte ne sono ancora ben lontane.
Per fare un esempio pratico, succede che tu venga chiamato
ad abbandonare il senso del possesso, quando invece, evolutivamente, ne avresti
ancora bisogno. Il senso del possesso verso cose e persone – e le sofferenze
che ne derivano – ha il compito evolutivo di rafforzare il nostro senso
dell’Io, fornendogli delle sicurezze materiali. È esattamente ciò che accade
all’Io di un bambino che “possiede” la sua mamma e possiede i suoi giocattoli.
Se ci mettessimo a spiegare il non attaccamento a un bambino di 4-5 anni
saremmo dei folli e bloccheremmo il sano sviluppo del suo Ego.
La follia che in questo periodo storico si sta propagando nel
mondo, a tutti i livelli, dalle decisioni politiche agli omicidi familiari (127
donne uccise dai partner in Italia nel 2010; quest’anno siamo a 101, dati di
Ottobre 2012) è dovuta proprio a questa causa: l’umanità è costretta dai
cambiamenti planetari a destrutturate un Io che non è ancora strutturato. Come
un bambino che deve crescere troppo in fretta e non regge allo sforzo.
...continua nel prossimo post.
Salvatore Brizzi
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