giovedì 4 novembre 2010

Advaita Vedanta e »sforzo« – parte II


Fratelli, so che la vostra attenzione è imprigionata nel mondo immaginario del vostro pensiero.
Fratelli, so che guardare dentro voi stessi richiede uno sforzo di volontà.
Fratelli, fate lo sforzo di guardare dentro voi stessi.
Fratelli, facendo lo sforzo di guardare dentro voi stessi vi libererete dai fantasmi del vostro pensiero.
Allora la vostra attenzione potrà rivolgersi alla realtà che vi circonda ed essa si rivelerà a voi in tutta la su bellezza e la sua gioia.
Scoprirete che nella realtà non vi è sofferenza: la sofferenza è soltanto nel vostro pensiero.

Siddharta Gautama Sakyamuni detto “il Buddha”


Ho riportato le parole del Buddha quando si riferisce alla pratica del Retto Sforzo – uno degli Otto Nobili Sentieri – per attestare il fatto che già 2500 anni fa lo »sforzo« veniva considerato a fondamento del percorso di risveglio, cioè una pratica indispensabile all’ottenimento della buddhità.
Al proposito vi consiglio la lettura di Come diventare un buddha in cinque settimane di Giulio Cesare Giacobbe, un libro facile, divertente e allo stesso tempo molto pratico. Giacobbe fa comprendere come il Buddha nei suoi discorsi non ponesse tanto l’attenzione su concetti di alta metafisica o su dogmi da rispettare, bensì sulla PRATICA per raggiungere quel risveglio che lui stesso aveva ottenuto. I suoi discorsi sono un vero e proprio manuale pratico di risveglio per chi ha voglia di lavorare su di sé.

Ma cosa è lo »sforzo«?
Nell’articolo precedente abbiamo visto che alcuni illuminati sostengono che l’illuminazione si ottiene senza sforzo. È come un terno al lotto: dipende dalla fortuna e non dalla tua volontà. Può capitarti mentre ti stai alzando dal cesso e ti accorgi che la carta igienica è finita, oppure può non capitarti mai anche se aneli ad essa per tutta la vita.
Se provi a dire a qualche seguace della moderna Advaita che ti stai sforzando di raggiungere il risveglio attraverso una pratica, ti accusa subito di essere un lurido animale egoico. Gli advaitin ti trattano come un subnormale della spiritualità, con sprezzante superiorità... e assumono un atteggiamento del tipo: “Un giorno anche tu, sempre se sarai fortunato, raggiungerai il nostro livello e smetterai di fare sforzi con il tuo ego per arrenderti finalmente all’Uno.”
Insomma... nella loro inconsapevole protervia pretendono di saperne più di Buddha e Gurdjieff messi insieme, perché evidentemente Buddha e Gurdjieff sono ancora pesantemente prigionieri del loro ego che si ostina a fare sforzi per il risveglio... !!!

Come ho già esposto nell’articolo precedente, in verità è necessario distinguere fra l’atto dell’ILLUMINAZIONE finale – un arrendersi spontaneo dell’Uno a se stesso – e il RISVEGLIO, che implica un ben preciso Cammino sia psicologico che spirituale e il conseguente »sforzo« di Volontà (=thelema) da applicare su questo Cammino.


Ma torniamo al significato dello »sforzo«.
Intanto facciamo chiarezza su alcuni inganni cui vanno soggetti i sostenitori a oltranza del non-sforzo.
Punto primo: se esiste solo l’Uno e il mio ego non esiste – è solo illusorio, come sostiene giustamente l’Advaita – allora è sempre l’Uno a fare questo sforzo... e io non sono perseguibile per legge! Dunque non vedo perché accusare di “egoicità” chi compie degli sforzi, dal momento che non è LUI a farlo. Se egli potesse in qualche modo accelerare o ritardare di SUA volontà l’illuminazione, decidendo di compiere o non compiere sforzi, ciò avvalorerebbe l’esistenza di un ego personale separato dall’Uno.
Punto secondo: se l’illuminazione non necessita di particolari condizioni per avvenire – come sostiene giustamente l’Advaita – allora si può verificare anche in chi sta compiendo duri sforzi per farla accadere, con le stesse probabilità con cui si può verificare in chi non si sforza per niente. Se così non fosse allora l’illuminazione sarebbe condizionata da situazioni o eventi contingenti.
Se può accadere a tutti in qualunque momento allora può accadere con le stesse probabilità anche a me mentre mi sforzo di raggiungerla.
Punto terzo: il non-volere-fare-qualcosa per raggiungere l’illuminazione si colloca sullo stesso piano del volere-fare-qualcosa. È semplicemente un inganno più sottile che permette all’ego di ALIMENTARSI DELLA CONVINZIONE DI NON-STARE-FACENDO-NULLA. Ma dietro questo non-fare-nulla c’è sempre un’intenzione, l’intenzione di non lavorare su di sé – in genere accompagnata anche dall’intenzione di rompere le palle a chi sta lavorando su di sé – che presuppone sempre un sé separato che non-vuole-fare-niente per raggiungere l’illuminazione.
È sufficiente osservarsi con onestà nel corso di qualche vita per scoprire questo inganno dell’ego.

L’atto dell’ILLUMINAZIONE finale va oltre il voler-fare o il non-voler-fare qualcosa per ottenerla. Se riuscite a COMPRENDERE realmente cosa significa andare oltre il fare e il non-fare allora vi illuminate in quell’istante e la vostra ricerca è finita. Se dite di essere già in quello stato superiore, oltre il fare e il non-fare, ma non siete illuminati, allora vi state prendendo per il culo, perché quella COMPRENSIONE e l’illuminazione coincidono. Se dite di stare cercando di entrare in quello stato che è oltre il fare e il non-fare, vi state di nuovo prendendo per il culo, perché c’è di nuovo un’intenzione da parte di un sé che si sente ancora separato.

Insomma... è un bel guaio... siete con le spalle al muro... senza vie d’uscita. Ma guardate il lato positivo: il vantaggio di trovarsi con le spalle al muro è che, se non altro, finché state lì nessuno può sodomizzarvi.

Lo »sforzo«
Ma ancora non vi ho detto cosa è lo »sforzo«.
Lo »sforzo« di ricordarsi di sé non è qualcosa che tende verso il risveglio, lo »sforzo« È il risveglio.
I momenti di »sforzo« sono momenti di illuminazione, momenti di qui-e-ora nei quali siamo fuori da spazio e tempo. Lo »sforzo« è Volontà pura, al di là di conseguimenti e aspettative. Finché sono in uno stato di »sforzo« sono in uno stato di illuminazione, al di là di ogni pensiero e preoccupazione.

State bene attenti, perché se riuscite a COMPRENDERE profondamente ciò che vi sto dicendo, potete sperimentare un bagliore di quell’Unità proprio adesso, mentre state leggendo.
Voi tutti compite uno sforzo quotidiano, che si protrae 24ore al giorno, per restare lontani dall’Unità! E di questo sforzo nessuno di voi si rende conto.
Nessuno di voi infatti vuole l’illuminazione e vi prodigate ogni giorno della vostra vita, con straordinaria pervicacia, per RESISTERE all’Unità. Ogni pensiero, parola o gesto esprime il vostro sforzo di restare lontani dall’Uno.

Capite? La vostra vita è già sforzo, lo sforzo di RESISTERE a quell’Unità che si trova sempre qui-e-ora, a vostra completa disposizione, in questo preciso momento, mentre state leggendo. Quell’Unità che altrimenti, senza questo sforzo costante, verrebbe realizzata all’istante.
L’illuminazione è già qui, la siete già mentre leggete questo post, ne siete impregnati, non potete allontanarvene in nessun modo... eppure fate di tutto per restarne lontani.
È l’Uno che legge questo post, quindi l’illuminazione c’è già. Ma attraverso pensieri, parole, azioni – cioè attraverso il tempo – vi distraete dall’illuminazione che avete già Adesso, qui-e-ora.
Resistete inconsapevolmente a Dio. Per farlo occorre che produciate uno sforzo immane e costante per “dimenticarvi di voi stessi”. Ma siete così abituati – così assuefatti – che non ve ne accorgete più. È come portare un peso sulla schiena... dopo qualche ora non lo sentite più.

Il momento in cui vi sforzate di ricordarvi di voi stessi – di essere presenti – è l’unico momento in cui interrompete la vostra RESISTENZA nei confronti dell’Unità. Grazie allo »sforzo« consapevole rompete lo sforzo inconsapevole e assaporate un istante di Unità.
Ciò che in quel momento percepite come »sforzo« per restare presenti a voi stessi, è in verità il risultato della rottura della vostra RESISTENZA quotidiana all’illuminazione. Non state percependo lo »sforzo« di ricordarvi di voi, ma la cessazione dello sforzo di resistere a Dio, lo sforzo di farvi del male momento dopo momento, giorno dopo giorno. Una sofferenza perenne che striscia poco al di sotto della coscienza. Uno stato di ansia e stress incessanti che oramai fanno parte del vostro esistere quotidiano.

Quello che molti credono essere uno sforzo, è in realtà l’unico istante in cui non mi sto sforzando di scappare da Dio!
Il ricordo di me non mi permette di viaggiare verso l’Unità – il che, come abbiamo visto, costituisce un’operazione inutile – bensì di SENTIRE “nella carne” con quanta forza me ne tengo lontano tutti i giorni, con quanta forza mi dimentico di me.

Non c’è niente da raggiungere, c’è solo da smettere di resistere.
Ciò che cerco di raggiungere è in verità ciò a cui sto resistendo in ogni istante.
Questa comprensione è già illuminazione.



LE MIE PROSSIME DATE:

14 Novembre – FOLIGNO – La Via del monaco-guerriero
Uscire dalla trappola e divenire i condottieri della propria vita.
Seminario di una giornata.

21 Novenbre – ROMA – La Via del monaco-guerriero
Uscire dalla trappola e divenire i condottieri della propria vita.
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19 Dicembre – TRENTO – Vangelo e Lavoro su di sé
È un seminario di una giornata nel corso del quale leggo e commento alcuni brani tratti dal Vangelo.



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Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)