martedì 28 settembre 2010
Amarcord
“Sono presente... sto camminando e sento i miei muscoli, i miei passi, l’aria fresca sulla faccia. Non penso ad altro. Sto camminando e mi ricordo di esserci... Mi guardo intorno e SONO IO che mi guardo intorno, sono QUALCUNO, una coscienza dentro a questo corpo. Non solo sono concentrato sugli oggetti all’esterno di me invece che sui miei pensieri, non solo sono cosciente delle auto, delle persone, dei semafori, del mio corpo... ma sono cosciente di esserne cosciente. Questo è il valore aggiunto, questo mi distingue da un animale o da un uomo addormentato... che sono poi la stessa cosa.”
Ero in una strada vicino a casa mia e mi stavo avvicinando al tabaccaio.
“Ecco, ora entro. Varco la soglia ricordandomi di me ed entro nel negozio continuando a ricordarmi di me. Ecco... ci sono... sono quasi arrivato... devo stare attento perché entrando i miei sensi saranno investiti dal nuovo ambiente, le persone, le voci... e questo mi farà perdere il ricordo di me. Finché sono in strada sono al sicuro, ma se entro in nuovo ambiente rischio di cadere nell’oblio della coscienza. Ok. Mancano pochi passi. Per adesso ci sono... sono ancora presente... sono qui con tutto me stesso... Ora spingo la porta ed entro...”
Cinque minuti dopo sono di nuovo in strada, a pochi passi dal tabaccaio. Sto ancora sorridendo fra me e me per alcune battute che ci siamo scambiati col negoziante, quando all’improvviso...
“Porca puttana! Non mi sono ricordato di me! Mentre ero dentro il negozio non sono mai stato presente. Com’è possibile? Dal momento in cui sono entrato e ho salutato il tabaccaio sorridendo, sono letteralmente sparito. Incosciente. Per cinque eterni minuti tutto in me è avvenuto meccanicamente... senza che IO ci fossi.”
Far uscire alla luce
ogni pensiero meccanico
ogni impulso
ogni sentimento ripetitivo
alla sorgente stessa della loro formazione.
Attraverso uno sguardo lucido
un’attenzione cosciente
una visione e ragione obiettiva,
costante, assidua, intensa.
Per essere IO
e non un automa
condotto da molteplici cordicelle.
Solange Claustres
Come possiamo ricordarci di noi stessi mentre parliamo con qualcuno? Più siamo identificati con la situazione, la persona, le parole che dobbiamo pronunciare... più diventa per noi impossibile ESSERCI.
Se quando entro in tabaccheria io trovassi il coraggio di restare totalmente “dentro me stesso”, prendendomi tutto il mio tempo per richiamare dentro di me lo stato di presenza tra la domanda del tabaccaio e la mia risposta – fregandomene di non riuscire per questo motivo a rispondergli in maniera pronta e soddisfacente – allora avrei maggiori probabilità di restare sveglio. Invece ritengo più importante risultare meccanicamente efficiente agli occhi degli altri, perché ho paura che mi diano dell’imbranato o pensino che io sia strano.
Insomma... nell’identificazione è più importante sembrare sveglio piuttosto che esserlo veramente. Se mentre chiedo un pacchetto di sigarette mi ricordo di me, nessuno lo nota e nessuno mi elogia per questo, mentre se sbaglio qualcosa perché mi sto sforzando di ricordarmi di me, lo notano subito tutti e magari ridono di me. I vantaggi sono invisibili e gli svantaggi sono evidenti. Pertanto, se io sono identificato con il mio ego, in queste occasioni l’efficienza meccanica a cui sono abituato prende il sopravvento in modo da rendere la mia vita sociale meno problematica.
Sarò così un funzionale e solerte burattino.
Allora cerco di aggirare l’ostacolo evitando di prendere di petto la mia macchina biologica. Produco un accenno di ricordo di me tutte le volte che, mentre sto parlando, pronuncio una determinata parola e tutte le volte che la pronuncia il mio interlocutore. Per esempio, mi ricordo di me ogni volta che dico “io”, e ogni volta che lo dicono gli altri. Oppure posso sforzarmi di evitare una determinata parola: decido di non pronunciare più la parola “io” per una settimana. Vanno anche bene “sì” “no” “ok” e ogni altra parola che so di utilizzare spesso, come l’intercalare “voglio dire”.
[per ulteriori esercizi, vedi il mio libro Risveglio]
È il mio bisogno, il mio sforzo, il mio scopo.
Qui, ora, nell’istante presente
nel tempo e nello spazio.
Il ritmo delle mie associazioni si rallenta
la sensazione del mio corpo si fa intera
completa, densa e sottile.
Sento la pulsazione del sangue in tutto il mio corpo.
Il ritmo della respirazione si fa leggero, profondo, regolare.
Calma e serenità abitano in me.
Non c’è altro se non la vigilanza del mio pensiero
il sentimento di me stessa
la sensazione di me stessa
la coscienza di tutta me stessa.
Il corpo come ‘luogo’
il corpo come ‘mezzo’
il corpo come ‘realtà’.
Morto a tutto se stesso
per una nuova nascita.
Solange Claustres
Il giorno in cui mi accorsi di poter dialogare con un’altra persona restando al contempo in uno stato di presenza, fu il giorno più bello della mia vita.
Non dovevo più sforzarmi di ricordarmi di me: io ero la vibrazione sottostante al parlare. Avveniva tutto spontaneamente. Mentre ascoltavo... ascoltavo e basta. Se osservavo il traffico... osservavo il traffico e basta... senza commenti, giudizi, associazioni, ricordi... Un’automobile era un’automobile e una persona era una persona... senza nessun carico aggiuntivo portato dalla mia mente. Ogni fatto e ogni persona erano com’erano e io li vivevo per com’erano... non per come potevano essere o avrebbero dovuto essere secondo la mia personale visione delle cose.
Io ero semplicemente la Vita autoconsapevole che soggiace alla manifestazione, serena e in quiete, sempre vigile.
Ero finalmente VIVO.
Nello stato di veglia il sonno è caratterizzato dall’automatismo delle associazioni, dal sognare, dal fantasticare.
Arrivare a stabilire il contatto con il proprio »sé« costituisce un’autentica ascesi. Significa intraprendere un cammino fuori dal comune. E a causa dello sforzo che si deve fare in tal senso, molti preferiscono immaginare, appagarsi di idee, di parole, di apparenze... e mentirsi.
Georges I. Gurdjieff
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
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