Oggi voglio parlare di amore carnale.
Prenderò spunto da una donna molto particolare, soprattutto in riferimento all’epoca in cui è vissuta (nasce nel 1198 ca), Cunizza da Romano, giovane nobile figlia del signore di Treviso, che a vent’anni deve acconsentire a un matrimonio combinato per questioni politiche. Ma la ragazza – fatto raro per quegli anni – non è dotata di carattere remissivo e accomodante, per cui dopo breve tempo di matrimonio infelice s’infiamma d’amore – poco cortese e molto passionale – per il poeta di corte, Sordello, un trovatore italiano molto noto, con il quale fugge. Ma questo è solo l’inizio di una fulgida carriera, perché Cunizza da Romano diviene protagonista di una serie di amori, sia ufficiali che adulteri, che la rendono addirittura famosa nell’ambiente dei trovatori, che a lei fanno talvolta riferimento nelle loro composizioni. Visse anche a casa di Cavalcante Cavalcanti, padre dello stilnovista Guido.
Di lei si diceva che “ritenesse scortese rifiutarsi a chi la richiedeva cortesemente”.
Perché noi la conosciamo? Perché il sommo Dante la inserisce nella sua Divina Commedia. Fra i lussuriosi dell’Inferno? No. La colloca nel terzo cielo del Paradiso, il cielo di Venere – ovviamente – che rappresenta l’Amore e la Bellezza. Per quanto tutti fossero d’accordo nel definire Dante un poeta eccelso, egli non era sempre amato negli ambienti della chiesa, proprio perché personaggi, situazioni e temi trattati nelle sue opere andavano talvolta in contrasto con i dogmi ecclesiastici. Sotto molti aspetti Dante era un eretico e, soprattutto, un esoterista (in merito si legga l’interessante libretto L’ESOTERISMO DI DANTE di René Guénon ). È incredibile che ancora oggi molti professori disegnino Dante come un uomo religioso e “timorato di Dio”. Evidentemente non è chiara la differenza fra religiosità e spiritualità... e sebbene di questa seconda Dante fosse sicuramente ricolmo, della prima molto difettava.
La versione ufficiale adottata ancora oggi è che Dante avrebbe collocato Cunizza in Paradiso i quanto la nobildonna in età matura si era ravveduta. Il poeta la conoscerà infatti a Firenze nella seconda metà del 1200, quando lei ha già intrapreso la via dello Spirito. Ma a mio parere la questione va analizzata più a fondo. In Dante non c’è alcun accenno di giudizio verso Cunizza da Romano né verso l’amore carnale in genere (di cui lui, come gli studiosi più preparati sanno, era un assiduo praticante) e ciò che lui e Cunizza intendono come ravvedimento non è ciò che di norma intendiamo noi – intrisi di moralismo clericale – con questo termine.
Cunizza da Romano vive la sua sessualità in maniera spontanea, senza inibizioni, ne fa addirittura una via di realizzazione spirituale... e Dante le assegna un posto in Paradiso. Perché? Perché non vive senso di colpa, non si rimprovera, non ha rammarico. Merita il Paradiso perché ha vissuto sempre nella GIOIA, prima carnale e poi spirituale. A Dante, che con una bellissima provocazione verso il lettore, le chiede come mai non si trova ancora più in alto del terzo cielo (!), la nobildonna risponde:
ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia;
(Dante, IX canto del Paradiso, 31-33)
Francesca, che invece ha sempre vissuto in maniera moralmente ineccepibile, un giorno tradisce il marito con il cognato Paolo, ma vive questa esperienza piena di sensi di colpa, attribuendo all’esterno – a Paolo, al libro che stavano leggendo, all’amore stesso (Amor, ch’a nullo amato amar perdona) – la causa del suo PECCATO, vive male il suo amore carnale (...e 'l modo ancor m'offende) e vivrà all’Inferno nel cerchio dei lussuriosi dopo la sua morte. (Dante, Inferno V, 100-108)
Come sempre, non è l’atto in sé, ma la maniera in cui lo viviamo, a disegnare il nostro destino. Il messaggio di Dante è piuttosto chiaro.
L’autentico ravvedimento è solo il passaggio da un’ottava inferiore a una superiore. Per cui ciò che prima è stato amore carnale non viene né condannato né ritenuto peccato, bensì semplicemente TRASMUTATO in “amore carnale per Dio”, che è ben diverso dall’amore mistico per Dio. La donna che ha vissuto a fondo la lussuria, nel momento in cui avviene il ravvedimento – termine che non implica alcun giudizio negativo nei riguardi di ciò che si è vissuto nel proprio passato – produce dentro di sé la rara capacità di “sentire Dio nella carne”, letteralmente “si concede con il proprio corpo al Signore” e vive intensamente la CRISTIFICAZIONE della propria carne, sentendo lo Spirito vibrare nelle proprie cellule. Pertanto i lussuriosi sono in grado di conoscere Dio secondo una modalità particolare che a tutti gli altri non è concessa!
Ciò vale sia per le donne che per gli uomini, anche se con sfumature diverse, in quanto gli uomini penetrano anziché venire penetrati.
[La storia di Cunizza io non la conoscevo. Ne hanno accennato Antonino Maiorana ed Emanuele Mocarelli all’interno di un corso sulla “pulizia dell’aura” al quale ho partecipato proprio questa domenica ad Asti. In questo blog ho intenzione di pubblicizzare in maniera esplicita, oltre che i miei libri, anche libri, corsi e siti di persone che stimo molto. Antonino ed Emanuele sono semplicemente due angeli, non hanno mai scritto libri e non hanno un sito, quindi non posso riportare alcun link, ma credo sia sufficiente aver parlato di loro.]
Salvatore Brizzi
DEO DUCE COMITE FERRO
(Dio come guida, la spada come compagna)