Riporto i tratti salienti della mail che mi ha scritto una
ragazza: “Lavoro in un centro
commerciale, vendo prodotti per 36 ore settimanali e guadagno 850 euro al mese.
Sono frustrata, perché tutta la mia vita è impegnata dal mio lavoro, ma
nonostante questo guadagno a malapena i soldi sufficienti a mantenere la casa e
la macchina, che possiedo solo in quanto mi servono entrambi per il lavoro.
Infatti potrei tornare a vivere da mia madre, non pagare più l’affitto e
vendere la macchina e non avrei più bisogno di lavorare 36 ore a settimana.
[...]
Sono laureata... come
molte delle mie colleghe. [...]
Il responsabile del
mio settore guadagna più di 3.000,00 euro al mese; però le ore che lui trascorre
a vendere sono meno di dieci in una settimana, per il resto sta chiuso nel suo
ufficio. [...]
Lui è diplomato.
Qualche hanno fa ha seguito uno di quei corsi di PNL che io definisco “per
esaltati”, che però a quanto pare nel suo caso sono stati soldi spesi bene.
[...]
Brizzi, io faccio un
lavoro su di me, cerco di osservarmi, ma mi chiedo che senso ha tutto questo;
dov’è la giustizia in tutto questo? È una società impazzita. Mi rendo conto di
essere una schiava moderna, una schiava con l’IPhone. È possibile che sia
l’unica a rendersene conto? [...]”
Annamaria
Di situazioni simili ce ne sono tante; e anche di più gravi,
come chi mi scrive (anche piuttosto arrabbiato): “Brizzi...hai voglia tu a dire che bisogna essere monaci guerrieri, che
il lavoro lo devi creare e non lo devi mendicare... tu che sei a malapena
diplomato e fai lo scrittore... mentre io sono laureato in lettere, non faccio né
lo scrittore né il giornalista e sono pure disoccupato! Non voglio darti la
colpa di nulla, ci mancherebbe, mi stai simpatico e i tuoi libri mi hanno
cambiato la vita; ma penso che quella che viviamo oggi sia pura e semplice
ingiustizia, e non c’è lavoro su di sé che tenga. [...]”
Loris
Bene. Direi che abbiamo materiale a sufficienza per
inquadrare il problema.
Innanzitutto confermo il quadro della situazione tracciato
da Annamaria: oggi ci sono gli schiavi come al tempo dell’antica Roma, solo che
non hanno più la percezione di essere tali, se non in alcuni brevi momenti di
lucidità, sempre più rari proprio a causa degli orari di lavoro massacranti che
non lasciano spazio ad altro... nemmeno al pensiero riflessivo. I pensieri più
ricorrenti riguardano le bollette da pagare.
Questa situazione di schiavitù moderna travestita da
democrazia (siamo tutti uguali solo perché siamo tutti nella merda fino al
collo) è stata studiata a tavolino e devo dire, con ammirazione, che rasenta la
perfezione. Lo psicopenitenziario è tanto perfetto che quando qualcuno tenta di
fare qualcosa per uscirne – per esempio riunire tutti quelli che la pensano
come lui dentro un movimento di genere spirituale e presentarsi poi alle elezioni – viene ostacolato e
schernito, ossia trattenuto con forza dentro la prigione, non dai secondini, ma
dagli altri carcerati, i quali non fanno niente per liberarsi, ma sono esperti
nel trovare i difetti delle iniziative altrui. Per cui non è più nemmeno
necessario un controllo dall’alto: ognuno è carceriere degli altri carcerati.
Perfetto!
Ma c’è sempre un modo per uscirne. Per esempio, in questo
periodo è sbagliato abbandonarsi al pietismo verso chi non trova lavoro o chi
si suicida perché è fallito. Non fraintendetemi, questo non significa avere il
Cuore di pietra e non provare compassione per chi è in difficoltà, ma solo che
è inutile, e dannoso, impietosirsi – e in fondo giustificare – chi con una
laurea in mano non riesce a trovare uno straccio d’occupazione, e se ne sta a
casa, mentre c’è qualcuno che col diploma guadagna più di 3.000,00 euro al mese.
E consideriamo che in Italia sono tanti gli imprenditori che con il diploma – e
ai tempi di mio padre anche solo con la terza media – hanno creato aziende che
fatturano milioni di euro all’anno. Vi consiglio di leggere libri in grado di
ispirarvi: Mad
in Italy (15 consigli per fare business in Italia nonostante l’Italia) di
Giampiero Cito e Antonio Paolo, corredato di esempi pratici, con nomi, cognomi
e storie di giovani imprenditori che “ce l’hanno fatta”; Pietro
Barilla (Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio); Ai
lavoratori di Adriano Olivetti; e simili.
Cosa rispondo io alla crisi? Quando il gioco si fa duro... i
duri cominciano a giocare. La crisi non è una falciatura indiscriminata, la
crisi è una selezione naturale. Pertanto è un processo che è sempre avvenuto
nel corso della storia. Tutti siamo capaci di trovare un’occupazione o fare gli
imprenditori in periodi di “vacche grasse”. Era facile fare i soldi negli anni
’60, in pieno boom. Ma solo chi tiene duro oggi, nel 2013, alla vigilia della
più grande depressione economica della storia, dimostra di valere qualcosa.
La mentalità italiota non si concentra sulla soluzione – che
concerne sempre la capacità di prendere su di sé la responsabilità e
rimboccarsi le maniche – ma sulle cause esterne del problema: “non viene più
tutelato il lavoro dei dipendenti”, “l’imposizione fiscale strangola le
aziende”, “è colpa dei banchieri che stanno indebitando gli Stati”, “è colpa
della globalizzazione che induce gli imprenditori a utilizzare manodopera
all’estero”, ...
Tutte informazioni vere. Verissime. Ma a me cosa me ne
viene? Che vantaggio ne ricavo a pensare che sono uno sfigato perché sono nato
in questo periodo storico sul pianeta Terra? Non posso più tornare indietro.
Il mondo è la mia
psicologia. Questa invece è una filosofia utile, che mi può cambiare la
vita.
Cosa rispondo all’amico Loris, che si chiede come mai lui è
laureato in lettere ed è disoccupato, mentre io, che ho preso un diploma
serale, mi mantengo scrivendo libri?
Il mondo è la mia
psicologia!
Questa è l’unica risposta possibile.
Beh... come ho già detto in un post
precedente, dove parlavo del marketing, io sono uno che ha autofinanziato
la pubblicazione del suo primo libro, Officina
Alkemica, usando i soldi (poche migliaia di euro) risparmiati col suo
precedente lavoro, e poi è andato in giro a regalarne decine di copie a tutte
le librerie esoteriche più famose.
Ai miei primi convegni – quando ancora non giravano i miei
video su youtube – non mi lasciavano salire sul palco perché ero troppo giovane
e non credevano che fossi io l’autore di quei testi sull’Alchimia. Una volta a
Modena ho rischiato di non parlare perché ero vestito in maniera un po’
“disinvolta” e i signori della sicurezza si erano convinti che fossi un
teppista venuto a disturbare il convegno.
In quegli anni compresi che non si trattava di cambiare il
mio titolo di studio, ma di cambiare la mia mentalità: da schiavo a
imprenditore di me stesso. Se fossi cambiato interiormente, niente avrebbe
potuto fermarmi. Il mondo non reagisce a ciò che vuoi, ma a ciò che sei. I tuoi
desideri vengono soddisfatti solo nella misura in cui rispecchiano ciò che sei
in grado di reggere interiormente, ciò che puoi supportare e quindi sopportare.
È inutile desiderare di più, devi ESSERE di più, se vuoi di più. Non puoi
sperare di avere quello che ha Steve Jobs, se non sei in grado di essere quello
che è Steve Jobs. Non puoi continuare ad alimentare la tua psicologia di sempre
e sperare che qualcosa nella tua vita cambi.
La laurea in sé può risultare utile ma solo nella misura in
cui quel pezzo di carta cambia qualcosa nella tua psicologia, magari facendoti
sentire più sicuro di te, più maturo, ecc. Ma un giovane deve capire che uno
schiavo con due lauree resta sempre uno schiavo, se non è cambiato anche il suo
modo di pensare il mondo. Io a un certo punto della mia vita ho realizzato in
maniera chiara che esiste un collegamento fra ciò che pensiamo, ciò che siamo e
ciò che ci accade nella vita quotidiana. Mi è accaduto in un istante di
comprensione intuitiva. Ricordo ancora che ero nel parco di fronte a casa mia e
avevo appena finito di parlare con Victoria Ignis. Ho compreso che il mondo è
solo uno stupido riflesso della mia psicologia. Allora ho smesso di temere il
mondo. E questo è l’evento più bello che può accadere a un essere umano: ti
senti a casa. Se ripenso a quei giorni e agli incontri con Victoria
Ignis mi vengono ancora le lacrime agli occhi.
Ho cominciato a sentire
dentro di me, con indubitabile certezza, che gli episodi della mia vita
erano intimamente collegati ai miei condizionamenti mentali subconsci. Da una
parte questa rivelazione fu terribile, perché ciò significava che non ne avevo
un diretto controllo, non avendo io controllo sul mio subconscio; ma dall’altra
parte fu una liberazione, perché in ogni caso adesso sapevo che in un modo o
nell’altro gli episodi esterni dipendevano da me e non dagli altri; non dalla
fortuna o dalla sfortuna. Per cui era sufficiente scoprire la chiave d’accesso
alla mia interiorità per riuscire a ottenere anche l’accesso alla “stanza dei
bottoni” della mia stessa vita.
Annamaria nella sua mail dice che il responsabile del suo
settore, dopo aver seguito un corso di PNL, ha ottenuto dei successi tangibili
nella sua vita. Che sia PNL o qualunque altra tecnica – psicologica piuttosto
che spirituale – l’essenziale è aver capito che l’esterno dipende dall’interno,
e non viceversa. Una volta compreso questo, si tratta solo di trovare la
modalità più corretta per ciascuno al fine di operare una trasmutazione. Io ho
utilizzato ciò che spiego nei miei libri, ma per ognuno di noi può essere
qualcosa di differente. Indubbiamente, come consiglio generale, serve leggere
tanto, anche più volte lo stesso libro; l’autoformazione è la chiave, perché a
scuola questi argomenti non vengono toccati, mentre la ripetizione quotidiana di certi concetti li fissa in maniera sempre
più profonda nella nostra psiche. E alla fine lo scopo è proprio questo.
Allora il senso stesso dell’espressione “ingiustizia
sociale” viene sovvertito. Come può esserci ingiustizia se le mie possibilità
di trovare lavoro dipendono interamente dalle mie attitudini psicologiche? Se
vuole salvarsi, l’italiota deve smetterla di pensare come un sindacalista degli
anni ’70: “cosa mi è dovuto”, “cosa è mio diritto”, “difesa del posto di
lavoro”... e cominciare a cambiare se stesso, prima di tutto se stesso. Deve
trovare il coraggio di percepirsi come l’imprenditore di se stesso, come un
individuo che ha a sua disposizione il mondo intero. Un mondo che ha smesso di
apparire come un temibile gigante cattivo, da cui ci si può aspettare qualunque
cosa; perché adesso è un mondo dal carattere docile le cui manifestazioni sono
intimamente collegate alla nostra psicologia.
Il mondo è la mia
psicologia. L’universo come manifestazione esteriore della psicologia dell’individuo:
questa è l’immensa rivoluzione a cui siamo chiamati in questo periodo storico.
E questa rivoluzione interna conduce inevitabilmente a un cambiamento esterno e
quindi a una vera giustizia sociale, fondata su nuovi presupposti, dove il
dipendente non necessariamente guadagna a scapito dell’imprenditore... e
viceversa.
Chi ha il coraggio di seguirci?
Insieme ai miei collaboratori stiamo portando avanti con
entusiasmo un esperimento sociale di unificazione tra spiritualità,
cultura, politica e arte. Lo stiamo facendo nell’ottica di creare l’Italia del futuro. Ne
parlerò meglio in un prossimo post. Intanto vi sottopongo i link alle pagine
dove illustro i miei corsi di quest’anno e quelli dei collaboratori a me più
vicini. Io non posso girare tutta l’Italia, ma ho individuato altri ragazzi
perfettamente in grado di tenere i Corsi di Risveglio.
Insisto sulle attività di Irene Curto (teatro) e Jlenia
Cericola (alimentazione e numerosophia) perché sono rispettivamente la mia
attuale compagna e la madre di mio figlio, ossia due persone che conosco molto
molto bene, che si sono preparate al mio fianco e che stimo per le loro capacità naturali. So che possono aiutare gli altri
grazie alla vibrazione che emanano.
Per leggere il calendario aggiornato dei miei corsi di quest’anno e di quelli dei miei collaboratori: www.primoraggio.it.